di Ranieri de Ferrante

Un recente studio dell’Università di Pavia mostra che il 40% dei bambini italiani fra i 6 ed gli 11 anni ha incubi relativi all’Ambiente. Come lo sfruttamento dell’Ambiente deve essere sostenibile, così deve esserne la Protezione, dal punto di vista economico, ma anche da quello culturale. Modulare azioni e messaggio, e favorire una conoscenza “corretta” e serena è la chiave: l’estremismo – e la cattiva gestione del’ideologia Woke ne è esempio - rischia di creare disagi e portare reazioni uguali e contrarie, con un danno significativo al nostro tessuto sociale e,  possibilmente, all’Ambiente stesso.

 

Premetto che mi occupo, professionalmente e per passione, di Ambiente (Depurazione delle Acque ed Energie Alternative) da oltre 20 anni, e da poco ho cominciato ad interessarmi di sviluppo del 3° Mondo ad impatto ambientale zero (“Carbon neutral”). Non lo farei - ad oltre 70 anni - se non credessi veramente nella necessità di mantenere vivibile il nostro Mondo. La parola chiave, in questo, è “vivibile”, perchè la mia visione della protezione dell’Ambiente è assolutamente antropocentrica: è critico evitare di fare danni all’Ambiente ma solo nella misura in cui questi danni possono renderlo meno favorevole alla vita dell’Essere Umano.

In altre parole, mentre la Terra dei Fuochi, o la deforestazione Amazzonica mi preoccupano, non mi straccio le vesti se invece di “N” specie di un insetto ne abbiamo “N – 1”, se non nel caso - improbabile - che quell’ennesima specie abbia una funzione critica per il genere umano. E, francamente, che il Panda non sia più a rischio di estinzione mi fa piacere, ma non ho perso un minuto di sonno quando lo era …

Lo sfruttamento dell’Ambiente deve essere sostenibile, ma altrettanto sostenibile deve esserne la Protezione: il prezzo pagato non può essere superiore al danno eliminato o al rischio evitato.

E questo confronto fra beneficio e costo va naturalmente declinato sotto diversi aspetti (nota: se siete già parte attiva della comunità ambientale potete saltare direttamente al punto “C” … “A” e “B” non credo vi diranno niente di nuovo …).

A – Il costo economico

Proteggere l’Ambiente ha ovviamente un costo economico. Anzi, in termini più corretti, richiede un investimento. Generalmente sono misurabili sia gli effetti da ottenere (un parametro spesso usato è la quantità di CO2 prodotta) che le risorse da utilizzare per farlo e una decisione può essere presa su basi relativamente obiettive. La misura costo/effetto (diciamo Euro spesi/ton CO2 evitata) può essere giudicata congrua o non congrua e su tali valutazioni decidere non solo se fare l’investimento, ma anche fino a che livello spingerlo. Quando il rapporto costo/beneficio supera un certo limite, l’intervento non conviene.

E si sta cercando di dare dei punti di riferimento obiettivi per tale congruità: diverse organizzazioni hanno calcolare il costo totale per la Società (inclusi tutti gli elementi, fino al costo di curare chi si ammala a causa dell’’inquinamento) di una tonnellata di CO2 immessa in atmosfera, e le stime variano fra 200 a 400 dollari. IN aggiunta sono stati creati meccanismi (certificati bianchi o verdi, Carbon Credits) per incentivare i Privati. Curiosità: la valutazione ufficiale fatta dal governo degli Stati Uniti è 51 Euro/ton, anche prima di Trump.

Una volta svolta l’analisi l’investimento può essere fatto anche se ha un costo non economicamente giustificato. Si registra un danno finanziario, ma lo si può accettare in nome di altre considerazioni, generalmente politiche o sociali. L’importante è farlo consciamente e se ne vale veramente la pena. Il che non è sempre vero …

Le motivazioni dietro l’European Green Deal, ad esempio, sono politiche ed ideologiche e non basate economicamente: la scelta - ad esempio - di Imporre l’elettrificazione delle auto in Europa a partire dal 2035 ha un impatto devastante sulla nostra industria automobilistica (quindi costo altissimo) ma genera anche un beneficio obiettivamente ridotto a livello globale. Basti pensare che la CO2 che si risparmierebbe se tutte le auto U.E. fossero elettriche e se tutta l’energia da loro usata fosse prodotta da fonti alternative ai combustibili fossili equivarrebbee a meno di una settimana di incontrollata emissione da parte della Cina. E non ci sono confini per l’aria …

Mi sembra si possa dire che la motivazione è valida (la coscienza dell’Ambiente, come la difesa dei Diritti Civili, rende la Società Europea diversa), ma che è portata a livelli tal da non essere  forse sostenibile.

B – Il costo ambientale

Il fatto che un intervento, necessario e palesemente concepito a difesa dell’Ambiente possa avere un costo ambientale è meno intuitivo, ma vuole semplicemente dire che occorre valutare due impatti e scegliere il minore. In genere è possibile farlo obiettivamente, specialmente se si riesce a riportarlo a considerazioni economiche. Un intervento, ad esempio, che preveda la realizzazione (necessaria) di un ingombrante ed antiestetico depuratore per le Acque Fognarie in un’area di grande valenza turistica avrebbe un effetto netto probabilmente a danno dell’Ambiente. Un’analisi più attenta può generalmente suggerire soluzioni alternative, che ottengano l’obiettivo ma con meno impatto, come affrontare il maggior costo, ad esempio, del pompare i reflui in una zona di minor valore e trattarli lì, o scegliere una tecnologia meno invasiva.

Queste decisioni vengono prese quotidianamente, e spesso in maniera corretta, da specialisti.

Non sempre, però, i due impatti ambientali sono valutati e percepiti in termini obiettivi, ma sono piuttosto filtrati attraverso paure, emozioni e preconcetti. In questi casi possono essere prese, spesso semplicemente per ignoranza o pressione popolare, decisioni sbagliate. Un esempio è il ridottissimo utilizzo della geotermia (fonte rinnovabile affidabile, continua ed economica): il concreto ed obettivo vantaggio ambientale, in termini di riduzione della dipendenza da combustibili fossili, è ignorato perché gran parte dei cittadini (che votano e si fanno sentire) credono erroneamente che possa inquinare le falde o, peggio, causare terremoti.

In questi casi prendere le giuste decisioni o meno (escluse considerazioni politiche) delinea il confine fra Ambientalisti e chi della supposta difesa dell’Ambiente fa una vocazione aprioristica e spesso non informata, gli Annientalisti (la definizione non è mia, ma di Fabio Roggiolani, che si occupa di Ambiente, con grande amore e soprattutto razionalità, da decenni e che, fra l’altro, è il Fondatore del sito Equologia, che consiglio caldamente).

C – L’aspetto sociale

Dai due punto precedenti emerge che chiave per fare correttamente le valutazioni economiche ed ambientali di un intervento sono obiettività (vorrei spingermi oltre e definirla onestà intellettuale) e conoscenza dei fatti.

Ne consegue che maggiore è la cultura ambientale, più completa la comprensione dei fenomeni, più profonda la sensibilità alle problematiche, tanto meglio si è in grado di valutare le opzioni e fare una scelta corretta. Il vantaggio per la Società dell’aumentare il livello di informazione sembrerebbe quindi essere indiscutibile e non mi è mai passato per la mente che parlare di Ambiente potesse fare danni.

Ho quindi letto con piacere  – un paio di settimane fa – che uno studio svolto dall’Università di Pavia, presentato anche in Senato, ha mostrato che il il 95% dei bambini fra i 5 e gli 11 anni è preoccupato per la crisi ambientale. Lo ho ovviamente letto in maniera positiva, dando a “preoccupato” il significato di “conscio”. Mi è sembrato fosse una importante prova del successo di una politica di acculturamento perseguita per anni.

Tutto è cambiato, però, quando ho continuato nella lettura dell’articolo, scoprendo che il 40% dei bambini intervistati ha “avuto incubi legati all’Ambiente, con ripercussioni sul sonno e l’alimentazione”.

Se questo è vero, prende corpo il concetto di costo sociale o culturale della Protezione Ambientale.

Diventa legittimo chiedersi se il messaggio ambientale non stia diventando troppo pesante e oppressivo, superando il livello di utilità, ed addirittura diventando dannoso. Si può avere “troppa” sensibilità ad un problema? Quando si supera il confine fra il creare una convinzione informata e il minare le sicurezze dei giovani, o il creare una ideologia “settaria”? A che punto il costo culturale o sociale supera il beneficio?

Ci ho riflettuto perché non vi nascondo che, visto il mio coinvolgimento intimo e presente con l’argomento, mi sentivo toccato da vicino, e la mia riflessione è partita cercando una situazione analoga e paragonabile.

Prendiamo un argomento sul quale credo non ci siano dubbi su dove sia il giusto: la violenza contro le donne. Questo indiscutibile presupposto etico è però stato coniugato fino ai limiti dell’assurdità: il Principe Azzurro sarebbe reo di violenza per aver baciato la Bella Addormentata senza chiedere il permesso.

Su questo estremo si potrebbe ridere, dicendo ad esempio che i bagnini non faranno mai più la respirazione bocca a bocca agli annegati e li lasceranno morire … ma c’è anche un contraltare ben più concreto e preoccupante nel come i giovani di oggi affrontano la vita sessuale e di coppia: la maggior parte degli studi denunciano che lo fanno in modo meno naturale, più sospettoso, meno gioioso di quanto facessimo noi.

Mi sembra coincida, mutatis mutandis, con gli incubi dei bambini sull’Ambiente.

Ho anche ricordato - per tornare più vicini al nostro argomento - un episodio relativo agli incendi di Los Angeles di quest’inverno: su Internet girava la notizia che i mezzi di soccorso che affluivano in California dagli altri Stati venivano fermati al confine per il controllo delle Emissioni, venendo rimandati indietro se non rispettavano i limiti. Era un Fake, ma ci cascai – io che pure sono del settore - perchè le politiche ambientali della California, molto spinte, ed il messaggio pressante che le accompagna rendevano la storia plausibile. Non solo ci credetti, ma ebbi un moto di profondo fastidio verso l’Ambientalismo “stupido”.

 

D . Conclusioni

 

E’ arrivato, credo, il momento di riflettere su quanto e come (e forse anche a chi) parlare di Ambiente, sulla sostenibilità non solo economica ma anche sociale e culturale della sua Protezione, e su come si rischi di condizionare le generazioni che ci seguono. Su alcune battaglie vale la pena di combattere, ma sostenere posizioni eccessive può sortire effetti controproducenti.

L’Ambiente deve essere protetto, almeno fino ad un livello determinato da considerazioni di utilità nel mantenere il nostro Mondo quanto migliore possibile per la nostra civiltà. Questo livello dipende da visioni politiche, filosofiche ed è funzione di una sensibilità che varia nel tempo e sulla base della geografia, ed ogn Società deve avere ben chiaro quale sia oggi e quale debba essere domani.

Oltre questo livello l’attenzione all’Ambiente è un fatto positivo ma non vitalmente necessario. Anzi, forzare scelte, messaggi ed investimenti su una base che rischia di diventare aprioristica, potrebbe rendere la Protezione Ambientale un argomento angosciante e divisivo:

  • angosciante, perchè vissuto in maniera estrema e non razionale, col risultato di essere spaventati da cose che sono nel normale sviluppo del Mondo che ci circonda: l’Ambiente di oggi non è quello che esisteva al tempo dei Dinosauri e quello di domani non sarà quello di oggi;
  • divisivo perchè – in tutte le attività umane - gli eccessi di una Parte portano, inevitabilmente, alla nascita e la crescita di estremismi contrari: un eccesso di Ambientalismo apre la strada al Negazionismo, rendendo anche azioni palesemente necessarie potenziale oggetto di scontro.

L’esperienza che abbiamo fatto, e che facciamo ogni giorno, con l’ideologia Woke (basata su obiettivi indiscutibilmente validi), con il suo sviluppo (portato ad estremi difficilmente condivisibili dalla persona “media”) e con le sue conseguenze sulla scena sociale e politica dovrebbe guidare (mostrandoci cosa NON fare …) il nostro pensiero sull’Ambiente e la relativa strategia di Comunicazione.

05-05-2025
Autore: Ranieri de Ferrante
ulbright Fellow, ed attualmente – da vecchietto - si occupa di Ambiente. Nel passato ha operato nella Farmaceutica, Consulenza (McKnsey), Informatica, Energia e Difesa, coprendo posizioni come Presidente, ABB, Central Eastern Europe e Co – CEO, Alenia Marconi Systems (una JV fra l’allora Finmeccanica e la British Aerospace). Proveniente da una famiglia di Militari, Storia e Difesa sono le sue passioni.
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