di Ranieri de Ferrante
La parte razionale del Genere Umano non può che riconoscere l’uguaglianza di diritti e doveri di uomini e donne. Ed in 50 anni, senza voler essere troppo ottimisti, il miglioramento c’è stato. Eppure sui giornali leggiamo quotidianamente di episodi che non hanno senso, e fanno capire come il progresso su questo tema non solo rimanga complesso, ma come le cure possano essere ostacolo alla guarigione. Perchè il sesso - sia inteso come categoria (gender) che come atto - è un arma di cui entrambe le parti fanno uso improprio.
Non so se sono femminista o meno. So che per me uomo e donna sono diversi fisicamente (e meno male che sia così, per tanti motivi) ma hanno esattamente gli stessi diritti e doveri, devono essere giudicati e rispettati secondo gli stessi parametri ed in nessun caso le loro differenze fisiche possono essere usate per trattarli (e l’uno e l’altra) in modo violento e poco dignitoso. Anche se, a volte il trattamento può essere - ragionevolmente - diverso.
Ripeto, non so se questo mi renda un femminista, ma certamente mi fa avere coscienza del mio rispetto per le donne e la disponibilità a mantenere un approccio logico all’argomento. Entrambe le cose implicano capacità e volontà di difenderle ma anche di criticarle.
Mio figlio (che ha una disabilità mentale) è stato recentemente a Verona, dove è abitudine toccare il seno della statua di Giulietta come portafortuna. Tutti i suoi amici lo hanno fatto, lui no. “Una donna va rispettata anche se è una statua” ci ha spiegato. Più chiaro di così: ha imparato bene ....
Detto questo, mi piace dire, scherzando, che la donna ha vinto la battaglia e questo è provato ogni mattina, quando può scegliere se mettere i pantaloni o la gonna. Noi siamo limitati ai pantaloni. Non voglio che questa metafora, che ripeto è scherzosa, sia letta come un tentativo di nascondere tanti problemi, come la violenza sulle donne, le difficoltà che queste hanno a fare carriera, lo sforzo che molte d loro devono fare per bilanciare casa e lavoro. Piuttosto si tratta del mio riconoscimento che la donna – avendo vissuto e superato le difficoltà imposte dall’uomo per secoli, ed essendo sopravvissuta – è oggi più “brava” di noi maschi.
E poi, se faccio riferimento a 50 anni fa, quando avevo 20 anni e quindi ero già in grado di osservare e valutare, ci sono stati progressi enormi. La mia generazione non ha fatto un cattivo lavoro, anche se - come in tutti i processi - più si avanza, più difficili sono i passi successivi. Per farli serve uno sforzo fatto da tutti. Banale, ma è così.
Rimango quindi attonito, e direi disgustato quando vedo cose che portano il mondo indietro di decenni. Due esempi, che sarebbero già gravi di per sé, ma diventano tragici se si considera che – in entrambe i casi – è il Governo, o chi lo rappresenta, che sbaglia.
Il primo esempio è di casa nostra, ed è un caso di una donna che si trincera dietro lo stereotipo della (presunta) debolezza del suo sesso e del paternalismo come causa di tutti i mali per giustificare comportamenti che non sarebbero accettabili per un uomo, e che quindi non dovrebbero esserlo neanche per le donne.
Si chiama Katharina Johanna Zeller, ed è la neo Sindaca di Merano, di lingua tedesca.
Nel ricevere le consegne dal precedente Sindaco, Dario Dal Medico, ha – in buona sostanza – rifiutato di indossare la fascia tricolore. L’impressione degli astanti è che lo abbia fatto perché non si sente italiana.
Nello spiegare la cosa, l’ineffabile Katharina ha affermato che – rifiutando la fascia che il Sindaco uscente le porgeva – aveva voluto opporsi ad un gesto provocatorio e patriarcale. La cosa di per sé sarebbe ridicola e sanzionabile, ma entra in scena il Dottor Sottile, Giuliano Amato, Presidente Emerito della Corte Costituzionale. Forse preso da follia Woke, ha dato supporto alla Zeller, affermando che avrebbe “reagito ad un maschio impositore che, profittando anche del fatto che lei era donna, le stava imponendo la fascia tricolore”.
Non voglio entrare nella polemica su come un Sindaco italiano, sia pure di lingua tedesca, dovrebbe rispettare il tricolore. Mi limito ad osservare che sul podio non c’erano un uomo ed una donna ma due Sindaci. Due persone come quelle che. liberamente mischiati, uomini e donne, hanno sfilato in testa alla Parata del 2 Giugno, Due rappresentanti dello Stato, senza sesso. E che in ogni caso l’uomo non brandiva una clava, ma il simbolo della nostra Repubblica.
A parti invertite, se il Neosindaco maschio avesse affermato di sentirsi vittima di provocazione e violenza dalla predecessora (si dice così?) femmina avremmo riso. Qui però non c’è da ridere: chiunque creda che la parità di diritti per le donne si coniughi con la parità di doveri, non può non essere irritato da questo ammantare ogni cosa, che lo meriti o meno, nel manto del Paternalismo, o del Me Too.
Questo abuso , come spesso la cultura Woke estrema, fa il gioco di chi “rema contro” la parità fra i sessi.
Il secondo esempio viene dall’America di Trump, ed è un caso in cui la donna è riportata al suo primitivo, quasi animalesco ruolo di fattrice, di contenitore/alimentatore di feti.
Si chiama Adriana Smith, ed è un donna della Georgia.
La Georgia è uno degli Stati USA che - dopo che la Corte Suprema Americana ha annullato la sentenza Roe vs Wade - hanno posto in essere leggi anti aborto estremamente dure: in buona sostanza, dal momento in cui si sente il battito del cuore del feto, niente può essere fatto per impedire, e niente può interferire con, il completamento della gravidanza.
Ho detto “Adriana Smith è”. Avrei dovuto dire era. Adriana Smith è morta, ha l’encefalogramma piatto da mesi. Il feto, da solo, non sarebbe stato in grado di sopravvivere perché ampiamente immaturo. Il corpo della madre viene tenuto in vita artificialmente come struttura di servizio per il feto.
Se fosse la famiglia a volerlo, se ne potrebbe comprendere la pulsione sentimentale. Pur non essendo un medico, però, mi viene da chiedere se un corpo senza attività cerebrale sia in grado di compiere tutte le innumerevoli funzioni che la gravidanza comporta, e che immagino vadano ben oltre fornire cibo tutti i giorni. Il timore che il bambino possa nascere con qualche handicap, magari gravissimo, non è infondato.
Non è la famiglia a chiedere che la gravidanza continui, forse perché teme proprio questo, o perché rispetta Adriana. E’ lo stato che lo vuole – contro gli espliciti desideri della famiglia – perché la legge dice che niente può interferire con una gravidanza una volta che essa è cominciata. Neanche la morte della madre.
E a questo si è aggiunto di peggio: la cancellazione di Roe vs Wade, ed il suo demandare agli Stati il legiferare sull’aborto, aveva lasciato almeno in essere la prescrizione federale che - a prescindere dalla legge statale - si dovesse intervenire qualora l’aborto avesse motivazioni terapeutiche. Ora anche questa è stata cancellata, e le donne non solo non hanno diritto e gestire il proprio corpo, ma neanche di vedere la loro salute protetta.
Un Procuratore dello Stato della West Virginia ha avvertito le donne incinte che anche un aborto spontaneo potrebbe portare ad indagini di Polizia … E che dire della bambina di 10 anni che è stata costretta ad andare nello Stato vicino per abortire? Era stata stuprata!
E’ la legge, ed al diavolo logica, umanità, scienza. E rispetto per le donne
Credo che i due episodi non richiedano ulteriori commenti. Sono palesemente aberrazioni. Due estremismi diversi, ma ugualmente da biasimare. Sono casi estremi, ma chi, fra noi, può dire in coscienza di non incontrare fatti simili, anche se meno plateali, nella vita quotidiana?
La causa della DONNA (con 5 maiuscole, e usando questo termine piuttosto che “femminismo”) è danneggiata sia da quante usano il proprio sesso (categoria) per ottenere vantaggi, sia da chi non capisce che il sesso (atto) è una cosa che unisce uomo e donna, che devono godere in maniera indipendente e paritaria sia di esso che delle sue conseguenze. Poter essere Madre è quello che dà alla donna quel (grosso) quid in più, e non uno scopo da imporre, o uno scotto da pagare, anche oltre la morte.