di Ranieri de Ferrante

Il Referendum è una importante arma di Democrazia. Oggi però non funziona, sotto molti punti di vista, ed è diventato una specie di sondaggio da leggere in chiave politica piuttosto che un mezzo efficace di Democrazia Diretta che completi – se e quando opportuno – quella Rappresentativa. E’ uno dei sintomi di una politica che non attrae più i cittadini. Curare il grande problema di base è importante e difficile, ma intanto curiamone uno dei sintomi. Qualche idea di come si potrebbe fare.

Il 26 aprile del 1986 ci fu il disastro di Chernobyl. Io lo ricordo bene, tutti i giorni. Non venimmo informati dei rischi, né che la nube sarebbe passata sull’Italia. Un paio di giorni dopo, quando passò su Roma, mia moglie era a Piazza di Siena, a godersi un concorso ippico. Era incinta. Nei mesi seguenti, una volta informati, prendemmo precauzioni estreme. Vivevamo ad Ivrea, allora, zona molto colpita dal fallout, e lei per mesi non uscì di casa, mentre io, tornando dal lavoro, mi facevo una doccia, mi cambiavo e solo dopo “entravo in famiglia”.

Non è servito a nulla: nostro figlio è nato con il corpo calloso, la parte che unisce i due emisferi cerebrali e trasferisce informazioni fra di loro, non completamente sviluppato. Il passaggio della nube su Roma, mentre Patrizia era allo scoperto perché non informata, corrisponde perfettamente con il periodo di formazione del sistema nervoso nel feto.

Oggi ho pensato in modo particolare a quel giorno, leggendo che il Ministro Picchetto ha formalizzato l’entrata dell’Italia nella Alleanza UE sul Nucleare.

Ed ho pensato “Finalmente!”: l’Italia ha perso quasi 40 anni perche nel 1987 e nel 2011 due Referendum hanno sancito che i cittadini non vogliono il Nucleare. E’ un caso di quesito cui “il popolo” decide “di pancia”, senza avere la competenza e l’informazione necessaria per formulare un ragionamento completo, coerente e cogente. Ha percepito il quesito come “vuoi che Chernobyl possa succedere anche in Italia?” ed ha ovviamente risposto che non lo vuole, anche a costo di pagare un prezzo economico. Senza pensare che se succede in Francia o in Slovenia, ne paghiamo il prezzo lo stesso. Il fallout passa il confine, anche senza visto …

Io mi espressi a favore del Nucleare, pur avendone ben chiari, in modo molto diretto, i rischi.

Lo stesso “voto di pancia” si ebbe quando, nel ’93, venne deciso, per Referendum, di eliminare i Ministeri dell’Agricoltura e del Turismo. Il quesito, evidentemente, fu percepito come “vuoi eliminare costi, burocrazia e poltrone che la Casta si divide?”. Ovviamente sì!! Chi, poi, si sarebbe occupato di due attività importantissime per la vita del nostro Paese non se lo chiese nessuno. La politica, giustamente, ignorò il volere del Popolo ed abbiamo ancora entrambe i Ministeri. Meno male!

E questo mi porta a parlare di Referendum. Dopo il fallimento di quello sul Jobs Act e sulla Cittadinanza breve si propongono tanti correttivi al sistema. C’è chi parla di eliminare il Quorum, chi di ridurlo, chi di aumentare il numero di firme necessarie per proporre un quesito. Leggo anche che il Governo intende agire sia a livello qualitativo (tipologia dei quesiti) sia quantitativo. E questo mi sembra il giusto approccio.

Credo a nessuno sfugga come il problema specifico di fronte al quale ci troviamo è solo un ennesimo sintomo di quella disaffezione che gli italiani sentono per la politica (“p” rigorosamente minuscola … ormai …), che si esprime anche nella riduzione dei votanti alle Politiche ed alle Amministrative, nella rapidità con cui prendono piede idee populiste e nelle fluttuazioni importanti dei consensi verso i Partiti: periodicamente arriva qualcuno che promette il mondo, vince le elezioni, si dimostra o viene semplicemente giudicato “incapace” e ne paga lo scotto. Prima il PD di Renzi, poi i 5 Stelle, poi la Lega di Salvini sono arrivati verticalmente al 30% dei voti ed oltre, per poi tornare in tempi altrettanto brevi a quotazioni ad una cifra. Oggi al 30% c’è Fratelli d’Italia.

E’ questo il vero problema, e la sua soluzione completa certo non è nel riformare il Referendum. Ma il fatto che la politica sia malata non è giustificazione per non cercare di curarne almeno alcuni dei sintomi. E forse curare questo sintomo può contribuire a migliorare la sensazione che i cittadini hanno della politica.

Certo, una cura estremamente drastica esisterebbe: dichiarare che la Democrazia Rappresentativa non funziona e tornare alla Democrazia diretta, tipo ateniese per intenderci, magari via Internet. La piattaforma Rousseau è lì, basta adattarla … e due volte al giorno mandiamo a tutti i cittadini via Whatssapp le proposte di legge … La sera, a cena, la famiglia legge le proposte fra una pastasciutta ed un’insalata, ne discute e vota, sempre naturalmente che non ci sa qualcosa di interessante in TV o non abbia voglia di uscire per andare a mangiare un gelato.

Tornando seri, quindi, sono convinto che la soluzione possa essere trovata nel riscoprire il Parlamento, che è sempre più compresso fra Esecutivo che governa a forza di Decreti Legge, e Popolo chiamato a votare su tutto.

L’aspetto qualitativo: quali quesiti accogliere?

Io partecipai al Referendum sul Divorzio  anzi, fu la prima volta che votai. Lo ricordo anche perché circa un mese prima mi “ero messo con” la mia attuale moglie … sono passati oltre 50 anni ed il divorzio non ci è servito ...

Era una altro mondo: fummo in tanti ad andare a votare (ci fu un’affluenza dell’87%). I NO - che, essendo il referendum abrogativo, volevano dire SI al divorzio - vinsero con circa il 60%, abbastanza per essere un responso netto, ma non bulgaro. Quello sul Divorzio fu un “buon” referendum, del tipo che i nostri Padri Costituenti immagino avessero previsto: tale da interessare ai cittadini, su un argomento non strettamente politico, con forte connotazione personale, morale, sociale, e che non richiedeva particolare competenze per essere capito.

Per definire cosa possa essere oggetto di quesito, la Corte Costituzionale ha già aggiunto una serie di picchetti (rispetto dei limiti costituzionale, chiarezza ed omogeneità, immediata applicabilità dei risultati senza ulteriori leggi) a quelli che già l’Articolo 75 metteva all’istituto del Referendum, ad esempio l’esclusione di quesiti afferenti ai rapporti internazionali. E’ il modo “tradizionale” di affrontare una simile problematica.

Dall’altra parte – “estrosa” – l’editoriale di un giornale suggeriva che, per far andare la gente a votare bisogna proporre “quesiti interessanti”. Credo che questa affermazione sia a metà strada fra le riflessioni di Monsieur De La Palice e le preoccupazioni di uno sceneggiatore di Hollywood …

Io proporrei di focalizzare il criterio di selezione sul fatto che siamo una Democrazia Rappresentativa, e quindi i quesiti da portare direttamente agli Elettori sono quelli che non possano essere efficacemente discussi e decisi in Parlamento. Perché portare al Popolo questioni che possono essere risolti da coloro cui abbiamo dato la nostra fiducia ed una autorizzazione (con implicita condizione di rato e valido) a decidere per noi? E se un Parlamento, espressione di una maggioranza, ha legislato in modo che non piace ad una fetta di elettori, se questi porteranno alla vittoria i loro Partiti,  i loro Rappresentanti in Parlamento cambieranno la legge.

I “buoni” argomenti, come fu il Divorzio, non mancherebbero, ad esempio il Fine Vita o l’introduzione in Costituzione del Diritto all’aborto, come ha fatto la Francia.

Ed in quest’ottica il Referendum acquisterebbe anche un carattere più Propositivo, senza per questo annullarne, ove sia il caso, la valenza Abrogativa.

E’ una soluzione concettualmente semplice, anche se difficile da implementare. Ma se c’è un Organo in Italia che dovrebbe/potrebbe farlo in modo competente ed apolitico è la Corte Costituzionale.

L’aspetto quantitativo: quale deve essere il Quorum?

 

Il 50% fu fissato dalla Costituente quando l’affluenza alle urne era 80/90%. Ormai per le politiche siamo poco sopra il 60%, quindi anche il Quorum deve essere rivisto.

Ma certamente non abbassato la punto da permettere a piccole minoranze di disfare ciò che è stato deciso, a maggioranza, dal Parlamento. Il limite deve essere tale da non essere proibitivo (e con la mancanza di affezione per la politica che oggi prevale il 50% lo è), ma anche rispettoso del ruolo del Parlamento.

Perché non fissare un Quorum mobile, che valga per la durata di ciascuna Legislatura, e che sia fissato in proporzione all’affluenza alle urne con cui il Parlamento in carica è stato eletto? Le ultime politiche hanno visto una partecipazione di poco meno del 64%. Se il Quorum venisse fissato ai 2/3 dell’affluenza alle Politiche, oggi sarebbe 42,5%, meno del 50% ma ancora dignitoso. E fattibile.

Un Quorum raggiungibile anche senza la partecipazione di una delle due “fazioni” renderebbe anche molto rischioso l’invito all’astensione che è – dal punto di vista delle Democrazia – un obbrobrio: votare è un diritto/dovere del Cittadino.

Se per caso tornasse l’interesse nella politica e si tornasse ad affluenze come in passato, diciamo l’80%, la difficoltà dei referendum crescerebbe proporzionalmente. Politiche all’80%? Quorum al 53% …

A questo andrebbe aggiunto un forte, molto forte aumento del numero di firme necessarie per la proposta di Quesito. Questo chiuderebbe il cerchio, completando il riconoscimento che il mondo è cambiato: dai banchetti dove laboriosamente venivano compilati fogli di firme  segnando gli estremi del documento alla firma digitale.  Cinquecentomila firme sono come 500,000 like per un Influencer … roba da tutti i giorni …. Passare da banchetti a firma digitale è come passare dagli amanuensi alla stampa, dal messaggero a cavallo al telefono …

Io sono un fermo sostenitore della Democrazia Rappresentativa. Restituire ruolo, dignità ed incisività al Parlamento è chiave di volta della rinascita dell’interesse dei cittadini nella politica. E dovrebbe essere lo sfondo sulla base del quale correggere il mal funzionamento del Referendum.

Curare un sintomo potrebbe contribuire a guarire dalla malattia.

Spero che il Parlamento sarà capace di troverà una quadra.

Spero anche che non sia populista e che sia veramente bipartisan.

Spero troppo?

22-06-2025
Autore: Ranieri de Ferrante
Ranieri de Ferrante è un Fulbright Fellow, ed attualmente si occupa di Ambiente. Nel passato ha operato nella Farmaceutica, Consulenza (McKnsey), Informatica, Energia e Difesa, coprendo posizioni come Presidente, ABB, Central Eastern Europe e Co – CEO, Alenia Marconi Systems.
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