di Gianni Lattanzio
Due santi per un tempo inquieto
Ottantamila pellegrini, bandiere da ogni continente e una liturgia che ha unito la compostezza della preghiera all’energia di una generazione che cerca testimoni: così la canonizzazione di Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati ha trasformato Piazza San Pietro in un laboratorio di speranza concreta. Leone XIV ha consegnato ai giovani un verbo esigente e luminoso: non “sciupare la vita”, ma farne un “capolavoro”, indicando in questi due volti coevi le coordinate pratiche di una santità laicale che non fugge il mondo, ma lo abita e lo ricrea dall’interno.

Azione Cattolica, scuola di laicità evangelica
Frassati, “santo delle associazioni”, fu figlio di un laicato organizzato che, tra Fuci, San Vincenzo e Azione Cattolica, lo educò alla preghiera, alla cultura e alla carità sociale, tenendolo saldo nel Vangelo e libero nella storia. Non è un dettaglio biografico, ma la chiave del suo stile: una carità concreta che si fa giudizio e proposta pubblica, non per rivendicare privilegi confessionali, bensì per servire la dignità dei poveri e la giustizia, secondo il metodo sinodale dell’associazionismo cattolico italiano. Non a caso, l’Azione Cattolica ha riconosciuto in Frassati un “santo per l’Europa della fraternità e della pace”, icona di un laicato che costruisce ponti tra Vangelo e polis senza confondere i piani, ma neppure separandoli.
Le radici sociali: Rerum novarum e la “misura umana” del progresso
La parabola di Frassati si staglia nel solco della dottrina sociale inaugurata dalla Rerum novarum (1891), che ha dato voce alla questione operaia, legittimato le associazioni e invocato un ordine giusto fondato sul lavoro, sulla famiglia e sul bene comune. L’enciclica di Leone XIII, celebrata e riscoperta in questi mesi, rimane la grammatica di un umanesimo cristiano che rifiuta tanto il darwinismo sociale quanto l’ideologia rivoluzionaria, proponendo la via stretta della mediazione, dei diritti e dei doveri reciproci, della cooperazione tra corpi sociali e istituzioni. In questa cornice, l’impegno di Frassati per i poveri non fu volontarismo, ma “politica alta” intesa come carità organizzata, ben piantata nella vita sacramentale e nella responsabilità civile.
“Verso l’alto”: ascesi, amicizia e cittadinanza evangelica
Il motto di Frassati, “Verso l’alto”, nasce dall’eucaristia e dalla montagna, due alture che allenano lo sguardo alla realtà intera e l’orecchio alla Voce che chiama per nome. Quell’ascesi gioiosa, nutrita di adorazione, Scrittura e fraternità, si tradusse in una “cittadinanza evangelica” che lo rese compagno dei poveri, coscienza critica delle appartenenze e lievito di concordia nella città degli uomini. Per lui, come per tanti laici formati dall’Azione Cattolica, santità e democrazia si incontrano nella maturità del popolo, non nell’efficienza dei pochi: la santità non è fuga, ma forma cristiana della maturità sociale.
“Dio non è un’idea, ma una Persona”: l’itinerario eucaristico di Carlo
Carlo Acutis ha parlato ai coetanei nella lingua del suo tempo: bit, grafica essenziale, mappe digitali, ma con una grammatica antica, l’eucaristia vissuta come “autostrada verso il cielo” e “fonte e culmine” dell’esistenza. La sua mostra sui miracoli eucaristici, generata da devozione e pazienza di ricercatore, ha fatto del web una piazza catecumenale, dove lo stupore davanti al Mistero riaccende l’intelligenza della fede e la gioia dell’annuncio. La “santità della porta accanto” di cui parlava Francesco, in Carlo diventa “santità della homepage”, cioè testimonianza ordinaria che attraversa relazioni, gioco, studio e carità, facendo dell’ordinario il luogo del prodigio.
Bibbia in cammino: tesoro, chiamata, Magnificat
La parabola del “tesoro nel campo” ricorda che la speranza nasce quando si rompe la crosta della realtà e si scava, finché non si tocca un bene che vale la vita intera: così si leggeva ieri a Roma, e così la Chiesa addita ai giovani la fatica dolce di cercare e custodire l’Assoluto in un mondo distratto. La domanda di Maria, “Come avverrà questo?”, e il suo “Avvenga per me” restano la grammatica della vocazione: indagare senza cinismo, obbedire senza servilismi, entrare nel disegno di Dio con ragione e affetto, corpo e anima, persona e comunità. Ed è la stessa logica che spinge Leone XIV a chiamare i giovani “artigiani di pace”, invitandoli a trasformare indignazione e paura in dialogo, preghiera, aiuto e fedeltà, le cinque azioni semplici e rivoluzionarie che cambiano la storia.
La santità come profezia di pace
In un tempo ferito da guerre e polarizzazioni, la celebrazione ha avuto il coraggio di dire che le vittorie costruite sulle armi sono sconfitte, e che Dio benedice chi ricuce e non chi domina, chi dialoga e non chi sfrutta l’odio come strumento di potere. Frassati e Acutis, lontani da ogni estetica del risentimento, mostrano che la pace non è sospensione dei conflitti, ma educazione del desiderio, restituzione della dignità, politica del quotidiano, a partire dagli ultimi. Così la santità torna ad essere “criterio pubblico” che riforma la convivenza, perché allena i popoli a cercare il bene possibile e a resistere alle retoriche di dominio, da destra e da sinistra.
Un carisma per l’Italia e per l’Europa
Nella trama italiana del laicato – famiglia, parrocchia, movimenti, scuole, università, lavoro – questi due giovani santi sono un’alleanza generazionale tra radici e futuro: il realismo “sociale” di Frassati e l’apostolato “digitale” di Carlo convergono in una stessa missione popolare. È l’ora di un nuovo patto educativo in cui Azione Cattolica, oratori e università si aiutano a generare laici capaci di pensiero lungo, misericordia operosa e presenze competenti nella vita pubblica, senza complessi e senza arroganze. Perché – lo hanno ripetuto i vescovi italiani – la fede che non diventa cultura e cura non resiste, e la politica che non riconosce i poveri smarrisce il suo fine umano.
La Gioia affidabile del Vangelo
Chi cercava “eroi perfetti” ha trovato due compagni affidabili, giovani e moderni, capaci di tenere insieme adorazione e strada, contemplazione e amicizia, prudenza e audacia, con il sorriso come sacramento di gratuità. La loro canonizzazione non è un premio postumo, ma una chiamata presente: “non io, ma Dio”, diceva Carlo, e “se avrai Dio al centro, arriverai fino alla fine”, scriveva Pier Giorgio. È il cammino semplice e esigente del Vangelo: trovare il tesoro, gioire, vendere tutto e comprare quel campo, perché lì, nella terra della vita quotidiana, Dio ha nascosto la sua promessa per ciascuno.
