di Annalisa Libbi.

Il 7 ottobre è uscito “Occhi rossi” un libro in cui il cantautore milanese Tananai si racconta.

Per sua stessa ammissione, il libro non è un manifesto, non è una confessione ma, un modo per fermarsi e fare il punto.

Ciò che sorprende è il fatto che trascrivendo questi appunti, in una sorta di flusso di coscienza, è come se, naturalmente, Tananai, al secolo Alberto Cotta Ramusino, suggerisse un percorso che, sebbene fortemente suo, potrebbe calzare anche ad altri. Raccontando la sua storia, Tananai parte dalle radici, le prime pagine dedicate alla famiglia, la passione del papà per la chitarra, la nonna che cantava le Ninne Nanne, la sorella che gli ha fatto ascoltare la sua prima musica, il nome Tananai datogli dal nonno. Che fosse classica o da discoteca, pop o elettronica, lui, la musica, l’ascoltava ma soprattutto voleva farla. Poi, man a mano che il racconto va avanti, il punto di vista cambia e si inserisce quello della famiglia, degli amici, dei colleghi, dei musicisti, i “suoi fratelli”.

 “Che genere fa Tananai?“ chiede e si chiede Jovanotti e la risposta è semplice e complessa al contempo: “Tananai“. Ed è proprio questo il concetto che si evince leggendo “occhi rossi“ che, mentre ci racconta avventure e paure che potrebbero essere comuni ad altri artisti, ha un fil Rouge di autenticità, di desiderio di libertà e indipendenza che creano quel valore aggiunto che rende Tananai unico. 

tananiPerché “Occhi rossi”? Quegli occhi rossi, così ricorrenti dalla sua prima canzone, sono il simbolo di quell’ardore, quella ricerca,  la quest di un ragazzo che voleva fare della musica il proprio lavoro; gli occhi rossi di quel materasso nello studio per non perdere neanche un minuto di creatività. Non per le classifiche, non per i soldi, ma per quel luogo della musica che è il palco dove esprime la propria libertà, si sente capito e la sua unica preoccupazione è di “tirare in mezzo le persone“, farle emozionare. Quando sui pezzi meno conosciuti e popolari, la gente canta con partecipazione, avere la certezza che è nato un “legame speciale“; il legame speciale con chi lo segue, altro elemento caratteristico di Tananai, un legame al quale lui dedica una sorta di cura e attenzione per le tante amicizie e i tanti rapporti che si sono creati con lui e per lui.

 C’è anche del coraggio in questo libro, di andare oltre gli stereotipi, spiegando che, anche se riesci a fare della tua passione un lavoro questo rimane tale. Un lavoro fatto anche di scelte, di regole, di disciplina e sacrifici e se anche non fosse stato chiaro ascoltando i suoi pezzi, a leggerlo mentre si racconta, si percepisce il mood di un artista che è il prodotto delle tante letture fatte, la tanta musica ascoltata, i tanti luoghi scoperti, la tanta curiosità assecondata. Come quei tatuaggi che sembrano quasi degli appunti di identità scalfiti sulla pelle.

Poi c’è l’organizzazione grafica di questo testo che fa pensare un po’ a quei libri di architettura che viene voglia di mettere in bella mostra sul tavolo basso del salone di casa; nelle parti scritte, i testi delle canzoni con commento al lato Tananai sembra dirci che in quelle parole, così fortemente impregnate di abilità e competenza retorica c’è la sua vita. Una sorta di simbolismo che scardina i layout classici per rendere il senso di questo raccontarsi fatto di quanto di meravigliosamente bello e brutto è accaduto fino a qua. Un simbolismo che rende bene l’idea della complessità semplice e raffinata al contempo, di questo artista versatile che, con disciplina e onestà intellettuale, è sempre più strutturato sulla scena musicale italiana.

21-10-2025
Autore: Annalisa Libbi
Insegnante, già Vicepresidente di Azione Cattolica dell’Arcidiocesi Metropolitana di Pescara-Penne
meridianoitalia.tv

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