di Gianni Lattanzio
L’incontro tra Papa Leone XIV e Re Carlo III, culminato nella preghiera ecumenica in Cappella Sistina, segna il gesto più rilevante tra cattolici e anglicani da cinque secoli, unendo riconciliazione, cooperazione sul creato e un chiaro messaggio di pace in un momento di ridefinizione degli equilibri globali e religiosi.
Tra simboli potenti e passi concreti, la giornata ha rilanciato il dialogo intercristiano con atti condivisi e irreversibili, pur riconoscendo differenze dottrinali ancora aperte e sfide interne all’anglicanesimo, collocando Roma e Londra come protagonisti di un ecumenismo operativo orientato al bene comune.
Contesto storico
Per la prima volta dallo scisma del 1534, un Pontefice e un Sovrano britannico, governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra, hanno pregato insieme, infrangendo una barriera storica con un gesto pubblico e solenne sotto gli affreschi di Michelangelo.
La giornata ha reso visibile l’esito maturo di un cammino avviato nel Novecento, dalla visita di Geoffrey Fisher a Giovanni XXIII (1960) al dialogo formale inaugurato da Paolo VI con Michael Ramsey (1966), inserendo l’evento nella lunga traiettoria dell’ecumenismo moderno.
Il contesto giubilare della “Speranza” ha dato al riavvicinamento una cornice spirituale concreta, con l’attraversamento della Porta Santa a San Paolo fuori le Mura da parte dei reali, segno di pellegrinaggio condiviso.
Gesti e simboli
La preghiera ecumenica sulla cura del creato, in inglese e latino, è stata guidata dal Papa con l’arcivescovo di York Stephen Cottrell, accompagnata dai cori della Cappella Sistina, della Royal Chapel e di St George’s a Windsor, articolando un linguaggio liturgico comune che parla di unità nella diversità.
Camilla, in abito nero come da protocollo per le sovrane non cattoliche, e il sovrano hanno condiviso con il Papa scambi di doni e onorificenze, compresa la Gran Croce dell’Ordine di Pio IX e la Order of the Bath, ribadendo rispetto e reciprocità istituzionale.
In Sala Regia lo scambio di due orchidee identiche, la scelta repertoriale con inni legati a Sant’Ambrogio e a San John Henry Newman e la cornice della Sistina hanno trasformato la cerimonia in un catechismo simbolico di riconciliazione e responsabilità verso il creato.
Ecumenismo concreto
A San Paolo fuori le Mura Re Carlo ha ricevuto il titolo di Royal Confrater, con uno scranno dedicato inciso con Ut unum sint, mentre Leone XIV è divenuto Papal Confrater della Cappella di San Giorgio a Windsor, istituzionalizzando un vincolo di fraternità tra le due Chiese.
L’incontro con la Segreteria di Stato e con realtà impegnate nella sostenibilità ha tradotto la preghiera in agenda comune su pace, povertà e ambiente, con toni cordiali che confermano la solidità dei rapporti bilaterali.
Il carattere giubilare, la dimensione liturgica condivisa e i titoli confraternali reciproci configurano un “ecumenismo della prassi” che integra spiritualità, cultura e cooperazione sociale.
Diplomazia e geopolitica
L’evento è stato letto come primo atto di riposizionamento internazionale del nuovo pontificato dopo le frizioni con Mosca, riaprendo un canale privilegiato con il mondo anglicano e l’Occidente nel segno della pace e della tutela del creato.
Il protagonismo britannico e quello vaticano convergono in una diplomazia del dialogo che assegna all’ecumenismo un ruolo funzionale alla sicurezza umana e alla coesione europea, senza rinunciare alla chiarezza sui valori.
L’unità operosa tra cristiani è proposta come antidoto a guerre, tirannia e divisione, con parole e gesti che parlano alle opinioni pubbliche e ai decisori globali.
Dimensione morale e regale
Per la Corona, l’udienza e la preghiera comune offrono una parentesi di respiro nel mezzo di scosse reputazionali, restituendo centralità alla vocazione spirituale del Sovrano e alla sua leadership per il bene comune.
L’“Amen” all’unisono in Sistina ha riannodato fili fra la storia della monarchia e la missione della Chiesa, con un linguaggio della responsabilità adatto a tempi esigenti.
La cornice di speranza giubilare ha trasformato un’agenda di crisi in opportunità di testimonianza pubblica, senza eludere le ferite del passato.
Limiti e sfide aperte
Permangono differenze sostanziali su ministero femminile, disciplina matrimoniale e morale sessuale, mentre la Comunione anglicana è attraversata da tensioni interne accentuate dalla nomina di Sarah Mullally a Canterbury e dalle posizioni di GAFCON.
L’assenza del nuovo primate, non ancora insediato, e il ruolo interinale di York riflettono una fase di transizione delicata per l’anglicanesimo, che rende ancora più significativo il segnale di unità inviato dal vertice.
Proprio perché le distanze non sono occultate, i passi condivisi acquistano credibilità, evitando trionfalismi e puntando a convergenze reali nel servizio all’uomo.
Prospettive future
La prossima proclamazione di San John Henry Newman a Dottore della Chiesa da parte di Leone XIV offre un ponte teologico e spirituale tra le tradizioni, con un’eredità capace di nutrire la fiducia reciproca.
L’asse Roma–Londra può alimentare progetti comuni su pace, povertà, migrazioni e clima, rinsaldando un’alleanza morale che trascende i confini confessionali.
Se il metodo resterà quello dei “segni che impegnano”, l’incontro potrà essere ricordato come la svolta che ha reso l’ecumenismo un bene pubblico in un mondo attraversato da conflitti e disuguaglianze.
