Idee e testimonianze di trasformazione.

Introduzione di Gaetano Fausto Esposito
L’uomo è un animale sociale! Ma quando si parla di economia, e in particolare del sistema capitalistico che negli ultimi secoli ne ha rappresentato la specifica manifestazione almeno nel mondo occidentale, questo aspetto sembra passare in secondo piano ed è sopravanzato dal più diffuso approccio egoistico che è alla base delle concezioni neo-liberiste.
A partire dagli anni ottanta del secolo scorso si è affermata una concezione dell’economia e del mercato tutta volta ad esaltare l’interesse personale. Un vero e proprio ritorno delle tesi utilitaristiche per cui il bene della società complessiva non è il frutto di una preordinata e consapevole azione volta a raggiungere una sorta di bene comune, ma rappresenta il risultato non intenzionale di comportamenti umani tutti protesi al conseguimento del proprio interesse (la cosiddetta eterogenesi dei fini).
Forse la frase più spesso citata al riguardo, quanto sovente a sproposito, è quella contenuta nell’opera di Adam Smith sulla Ricchezza delle Nazioni quando afferma che: ““Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del proprio interesse.”
Si è trascurato così il fatto che invece il padre dell’Economia moderna in altre occasioni aveva evidenziato il ruolo della simpatia e dell’umanità nelle relazioni tra le persone, in altri termini l’importanza dei “sentimenti morali”.


Del resto c’è stato negli ultimi decenni, impregnati da forme di neocapitalismo finanziario di matrice americana, una forte confusione tra il riconoscimento dei meriti, delle doti e delle qualità di impegno personale e i vantaggi offerti da un mercato presunto competitivo. Al punto che si è fatto del processo di competizione, per la sua supposta imparzialità e neutralità, quasi un metro per misurare tutte le prestazioni, anche quelle di tipo personale. Ma come ci ricorda l’economista Bruno Frey ci sono tante cose che non si fanno per “la moneta” ma per la soddisfazione intrinseca di realizzarsi. Altrimenti si va incontro a una “economia senza gioia”, parafrasando il titolo di un volume dell’economista Tibor Scitovsky.
E così è stato posto in secondo piano che l’approccio individualistico tutta competizione ed egoismo, un approccio considerato tipico dell’homo oeconomicus - ossia degli individui quando si affacciano nel sistema economico - è un approccio riduttivo e sicuramente sbagliato se assunto come metro di giudizio di tutti i comportamenti umani.
Riduttivo perché la persona e il frutto di un complesso processo di interazione sociale e culturale, e semplificarne le caratteristiche utilizzando il metro della competizione ne mortifica gli impulsi e le preferenze. La socievolezza della persona è alla base della società che non può essere concepita come sommatoria di relazioni individuali.
Ma al di là del riduzionismo si tratta di un approccio sbagliato, perché tante decisioni economiche non possono essere capite utilizzando l’esclusiva misura della convenenza personale, ma acquistano una valenza solo se messe in relazione con finalità più ampie, che riguardano molto spesso il senso di riconoscimento che caratterizza molte persone contribuendo a spiegarne i comportamenti.
Il mercato è una grandissima invenzione, che tra l’altro precede di molti secoli l’affermazione di un sistema capitalistico, ma la sua principale ragione è quella di mettere in relazione le persone e di consentire un confronto non solo di prezzi, ma anche di gesti, di comportamenti e in diversi casi anche le idee.
Ma allora se il punto centrale per comprendere l’economia è la relazionalità anche il sistema capitalistico può essere concepito come qualcosa di più ricco e complesso di una semplice corsa per il conseguimento del profitto individuale in una logica auto-interessata.
Si afferma così una riflessione su di una forma “altra” di capitalismo che non è sostitutiva di quella tradizionale, e che pure ha portato molto progresso nel tempo, ma che tende a integrarne i valori civili all’interno di un disegno di sviluppo, mettendo al centro il ruolo della persona, i suoi comportamenti e anche i valori (etico-morali).
E allora ci si rende sempre più conto che un mercato senza relazioni, senza fiducia e senza umanità è destinato prima o poi a consumarsi, crea solo processi di disuguaglianza tra le persone, che si autoalimentano nel tempo e alla fine viene non solo a comprimere tanti diritti e potenzialità, ma a negare la stessa libertà.
Ecco perché serve sempre più che si diffonda una riflessione su di un capitalismo civile, un capitalismo in cui anche l’impresa sia sempre più professatrice di valori, non per un generico senso di altruismo e di amore per il prossimo, ma perché in questo modo sviluppa una logica di convenienza allargata e si fa portatrice di un processo di creazione di valore non solo economico-monetario, ma anche sociale.
Per questa strada possono crescere e diffondersi genuini processi di sviluppo economico e della persona all’insegna anche di una imprenditoria che fa dell’approccio fiduciario la chiave di volta e la ragione della sua presenza sul mercato.
Questo è quanto cerchiamo di affrontare quando parliamo di un capitalismo sostenibile, che forse in parte può sembrare utopia, ma che molti casi ci dicono essere anche una nuova realtà!

 

06-04-2021
Autore: Gaetano Fausto Esposito
Direttore Generale Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne
meridianoitalia.tv

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