di Leonardo Dini
A differenza dei vertici di Ryad in Arabia che hanno recentemente rimesso in moto la complessa macchina diplomatica del dialogo fra America e Russia, il tanto atteso e discusso summit di Istanbul fra delegazioni russa e ucraina sul dialogo per avviare una trattativa di pace in Ucraina, si è risolto nella decisione di in un minimalistico scambio di prigionieri fra le parti e nella massimalistica e improponibile richiesta russa di ottenere, letteralmente chiavi in mano, ben 5 regioni Ucraine, entro i loro confini amministrativi: Crimea, Kherson, Zaporizha e Donetsk e Luhansk.
Al netto della totale incompatibilità fra il diritto internazionale e le opzioni sul tavolo e del proseguire, dato per scontato da entrambe le parti, della guerra. I capi delegazione a Istanbul: Umerov ministro della difesa ucraino e Medinsky, ucraino di Chernizy, assistente consigliere di Putin, hanno svolto un incontro di un’ora e 40 che è solo un inizio di trattativa. Solo quando la Russia avrà la volontà di trattare, costretta da una crisi economica o dal suo rapporto in ricostruzione con l’America, si sbloccherà qualcosa.
Trump stesso ha affermato che solo il dialogo diretto Trump Putin, potrebbe sfociare in una tregua in Ucraina, non formale ma effettiva. Ma intanto l’Europa si riarma e si schiera con Kiev, l’America diviene isolazionista, progressivamente, e solo il Vaticano e Erdogan, pur se è un autocrate non moderato, e la Svizzera, sede di incontri tra gli sherpa (i mediatori russi e ucraini), stanno concretamente facendo qualcosa che sia utile a costruire, nel tempo, una ipotesi di pace, anche mediante l’offerta di una sede per le trattative, appunto in Turchia, Svizzera e Vaticano.
Paradossalmente Russia e Ucraina sono due paesi di millenaria tradizione Cristiana e dunque sarebbe logico poter vedere una sede di mediazione fra loro proprio a Roma grazie all'unica diplomazia che nel mondo ancora funziona sempre con efficienza, quella Vaticana.
La guerra in Ucraina, che i russi continuano a chiamare operazione speciale, considerando l’Ucraina parte storica della Russia, rimane un rebus geopolitico senza vie d’uscita. Esattamente come avvenne in Afghanistan, per i russi, al tempo dell’URSS di Breznev e in Vietnam, per gli americani negli anni’60, questa guerra infinita, simile alla Guerra dei Trent’Anni nel 1600, rischia di coinvolgere tutta l’Europa e lo fa già, indirettamente, a partire dalla guerra ibrida fatta di sanzioni e sequestri di beni russi dal lato europeo e di cyberattacchi blackout e minacce balistiche missilistiche, dal lato russo.
Tuttora manca una vera diplomazia della pace e tuttora manca un ruolo efficace dell’Onu che, nonostante la buona volontà del Segretario generale Guterres, rimane vincolato dai veti incrociati.
Eppure costruire la pace in Ucraina significa garantire un futuro di pace in Europa per secoli.