di Ranieri de Ferrante
Si è chiuso il Summit della NATO al’Aja. Tutti sono soddisfatti, a cominciare dal Presidente degli Stati Uniti che parla di un suo successo personale di valore “monumentale”. Se qualcuno ha vinto, però, sono gli Europei che hanno conseguito un importante successo politico e strategico, a prezzo di promesse più o meno aleatorie . Quella di Trump è, al meglio, una vittoria di carta, da sventolare - insieme al legittimo successo nella crisi iraniana - di fronte ai MAGA per coprire, come una foglia di fico, le sue sconfitte.
Quando ero bambino, se quando si faceva una promessa si tenevano le dita incrociate dietro la schiena la promessa non valeva. Non so se questo “rito” valga ancora, ma in caso contrario sono sicuro che ne esiste uno analogo. Un altro metodo che usavamo – ma questo lo fanno anche i grandi – è fare promesse e poi rispettarle nel modo più ristretto: mio papà mi colse a giocare al dottore con una bambina, e mi fece promettere di non guardarle più la patatina. Io obbedii, e per un po' di tempo giocai al dottore con gli occhi chiusi. Che non è male!
Alla ultima riunione della NATO molti leaders europei avevano le dita incrociate, altri invece no, ma solo perché veniva loro chiesto di fare qualcosa che avevano già deciso di fare. NATO o non NATO. Quasi tutti cercavano di non andare oltre la promessa di giocare al dottore, ma con gli occhi chiusi
Non ci vuole un genio per capirlo: lo dicono geografia, storia ed economia. Vediamole in ordine.
La Geografia mostra l’Europa che si stende da Est ad Ovest, per oltre 3,000 Km, dall’Estonia all’Atlantico. Non è un caso che la Polonia, che è la Nazione più vicina alla Russia (lasciamo perdere le Repubbliche Baltiche) si sia impegnata a spendere almeno il 3,5% in difesa, più 1,5% in infrastrutture strategiche entro il 2035: vede i carri russi al di là del proprio confine e già oggi spende più del 3,5% obiettivo:l 4% nel 2024, e punta al 5% nel 2025.
La Spagna, che invece è la Nazione più lontana del confine orientale, ha risposto picche.
Nessuna sorpresa. I matematici direbbero CVD: come volevasi dimostrare.
La Storia giustifica altri due sì: la Germania ha dimostrato nei secoli di essere un Paese serio, anche se a volte lo ha fatto per obiettivi e con modi sbagliati. Ha percepito uno stato di pericolo e si prepara per questo. Possibilmente con la NATO, ma anche senza. E poi, dopo la Polonia i T90 di Putin arriverebbero in Germania, ed è meglio avere le forze pronte per aiutare Varsavia, a casa sua, possibilmente.
Per dimostrare come faccia sul serio, sembra che il Governo Merz intenda reintrodurre la leva obbligatoria: i volontari non bastano per e Forze Armate previste e servono Riservisti disponibili ed addestrati.
Per la Francia le motivazioni sono diverse, anche se puntano nella stessa direzione. Si sente leader in Europa ed, essendo l’unica nazione UE con l’atomica, forse ha ragione di esserlo. Non può perdere il ruolo a vantaggio della Germania. Inoltre la Francia ha un passato di coerenza con, ma anche chiara indipendenza dalla NATO: non è un caso che non esistono basi USA su territorio francese. Una Francia alla guida di un potente braccio europeo della NATO sarebbe, sotto molti aspetti, ritornare a De Gaulle.
Anche l’Economia spiega il “sì” della Francia: ha una importantissima industria della Difesa, e la capacità di sostenerla come sistema Paese. Anche noi abbiamo Leonardo, ma come sistema Paese lasciamo a desiderare.
L’economia dice molto anche sugli altri Paesi spiegando sia il no vero che i sì falsi. La Spagna ha avuto il coraggio di dirlo, ma la sua economia, che pur va bene, non ha “soldi da buttare”. E Madrid ha poco da difendere come industria della Difesa. Tanti altri, invece, hanno detto sì, con le dita incrociate: l’impegno è per il 5% totale entro il 2035, ma la componente di infrastrutture ed i tempi lunghi per arrivarci danno ampio spazio di manovra.
Nel ’26 - ad esempio - l’Italia potrà aumentare la sua spesa poco (è sotto procedura UE), nel ’27 ci sono le Elezioni, e quale leader con senso politico si mette ad investire in campagna elettorale?.
Poi, nel ’28, chi sarà al Governo vedrà. Ed alla peggio, si mette in conto anche il Ponte sullo Stretto, che Salvini sta attivamente cercando di far inserire fra le infrastrutture strategiche in caso di guerra, nonostante i militari si oppongano, per una sere di ragioni evidenti elogiche.
Insomma, non credo che la pressione degli USA abbia – nei fatti – avuto alcun effetto. Trump comunque festeggia l’esito del Summit come una sua vittoria monumentale. Si può spiegare pensando o che abbia firmato degli impegni avendo già in mente di violarlo o che ragioni non da statista, ma da commerciante di bassa lega. Trump soddisferebbe entrambe i criteri, ma in questo caso mi piace propendere per il secondo.
In cambio di questo impegno (più o meno farlocco) di spesa da parte degli Alleati, il Presidente USA ha infatti riconfermato il valore dell’Articolo 5: attaccare uno è attaccare tutti. Solo pochi giorni fa si era detto dubbioso, e pochi mesi fa Vance aveva affermato che gli USA non avrebbero più levato dal fuoco le castagne degli europei.
Nella dichiarazione che Trump ha sottoscritto si riafferma anche il supporto all’Ukraina. Rutte è arrivato al punto di dichiarare che il cammino di Kiev verso la NATO è irreversibile e Trump non ha negato.
Ed infine, si parla esplicitamente di Russia come “pericolo a lungo termine”. Forse è il prezzo pagato da Putin per avere sberleffato l suo amico riguarda alla pace con Zelensky.
La NATO, che Macron aveva definito “ad encefalogramma piatto”, esce rivitalizzata dall’Aja, come la gamba europea della Organizzazione voleva. La presunta vittoria del Presidente USA serve solo a dargli qualcosa da poter sventolare di fronte ai MAGA per giustificare le tante batoste prese.
Quando la Russia, nel ’22, invase l’Ukraina, la prima reazione di Trump, allora non al governo, fu tipica dell’Immobiliarista: “Bravo Putin” disse, più o meno “perché ha acquisito una sacco di territorio a basso prezzo”. Usò il termine real estate, che vuol dire area nel senso commerciale. L’origine non mente. Tre anni e mezzo di guerra hanno mostrato che il territorio acquisito dalla Russia non è poi tanto, ed il prezzo pagato alto.
Due giorni di vertice all’Aja hanno visto invece Rutte & Co fare grandi progressi a prezzo di saldo: vaghe promesse. Anche se per qualcuno c’è un prezzo da pagare in politica interna, con una opposizione che sfrutta ipotetiche concessioni a babbo morto come se da domani si dovessero chiudere ospedali per comprare missili.
Bravo il Segretario della NATO che ha saputo solleticare l’orgoglio infantile di Trump anche a costo di comportarsi in modo servile. Sacrificio personale coraggioso, anche se immagino non ci abbia dormito la notte!
A consuntivo, chi ha vinto e chi ha perso si vedrà contando le dita incrociate. Intanto io le tengo incrociate non nel senso di bugia, ma di buon augurio e speranza.
Postscriptum – Questa nota è stata scritta il giorno dopo il Summit. Problemi tecnci ne hann ritardato la pubblicazione. E’ quindi opportuno un aggiornament.
La scappatoia delle infrastruttura è già al centro delle attenzioni in Italia. Oltre al Ponte di Messina si pensa di mettere in conto anche la ristrutturazione dell’ILVA: l’acciaio serve a fare carri armati.
E Trump ieri (3 luglio) ha tagliato la fornitura delle armi all’Ukraina, ma ha avuto il buon gusto di farlo perché le scorte americabe stanno scendendo sotto i livelli di sicurezza. America first, non Ukraine last. Oggi (4 luglio) ha annunciato che continuerà a fornire armi.
Il mondo è dventato imprevedibile, ma che l’UE abbia “vinto” il braccio di ferro dell’Aja, rimane vero.