di Gianni Lattanzio
Le elezioni presidenziali del 2025 in Romania hanno rappresentato un vero spartiacque per il Paese e per l’intero equilibrio europeo. In un clima di grande tensione e partecipazione, la Romania ha visto una mobilitazione senza precedenti, con lunghe code ai seggi, una straordinaria affluenza soprattutto tra i giovani e nelle grandi città, e una diaspora che si è recata alle urne in numeri record. Il ballottaggio tra Dan Barna, volto moderato e convintamente europeista, e George Simion, leader dell’AUR e simbolo del nuovo nazionalismo rumeno, ha polarizzato il dibattito pubblico e acceso i riflettori internazionali su Bucarest.
Lo spoglio ha confermato la vittoria di Barna, sostenuto da una vasta coalizione di forze liberali, progressiste e di centrodestra, e appoggiato apertamente da Bruxelles. Il candidato europeista ha ottenuto circa il 53% dei voti, mentre Simion si è fermato poco sotto il 47%. Tuttavia, il leader dell’AUR ha contestato subito il risultato, dichiarando di essere il vero vincitore dal punto di vista politico e alimentando la retorica del “popolo tradito dall’establishment e dall’Europa”. Questa reazione, che ha trovato eco nelle piazze e nei social, riflette una Romania profondamente divisa tra chi guarda con speranza all’Unione Europea e chi invece teme la perdita di sovranità e rivendica un’identità nazionale più forte.
La risposta delle istituzioni europee non si è fatta attendere. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, ha salutato il risultato come una “scelta chiara per la democrazia, lo Stato di diritto e i valori europei”, sottolineando come la Romania resti un pilastro di stabilità e progresso nell’Europa orientale. L’affluenza record è stata letta come una risposta della società civile alle tentazioni populiste e sovraniste che attraversano l’intero continente, in linea con quanto accaduto di recente in Polonia e Slovacchia.
L’analisi del voto mostra una netta spaccatura tra città e campagne, tra giovani e anziani, tra la Romania interna e quella della diaspora. Le grandi città come Bucarest, Cluj e Timișoara hanno votato in massa per Barna, mentre Simion ha prevalso nelle aree rurali e tra le fasce più colpite dalla crisi economica e dalla percezione di esclusione sociale. Decisivo è stato anche il voto dei rumeni all’estero, che hanno espresso un chiaro sostegno all’Europa e al cambiamento.
Barna eredita ora un Paese segnato da profonde divisioni e da una diffusa sfiducia nella politica. La sua sfida sarà quella di rafforzare lo Stato di diritto, rispondendo alle richieste dell’UE su giustizia e lotta alla corruzione, condizioni imprescindibili per l’accesso ai fondi europei e per l’ingresso definitivo in Schengen. Al tempo stesso, dovrà avviare un dialogo sociale ampio, ricucendo il rapporto tra istituzioni e cittadini e ascoltando le ragioni di chi si sente escluso dalla modernizzazione e dalla globalizzazione. Sul piano internazionale, Barna ha già ribadito l’impegno della Romania come partner affidabile della NATO e dell’UE, in un momento di grande instabilità ai confini orientali, e dovrà gestire con equilibrio la polarizzazione interna, evitando che la sfida lanciata dai movimenti sovranisti si trasformi in conflitto sociale o in delegittimazione delle istituzioni democratiche.
L’Unione Europea guarda alla Romania come a un test della propria capacità di integrare e rafforzare le democrazie dell’Est. Da un lato, Bruxelles offre sostegno economico e politico; dall’altro, resta vigile su possibili derive illiberali, come già accaduto in Ungheria e in parte in Polonia. Il successo di Barna offre l’opportunità di rilanciare il percorso di adesione all’area Schengen e di rafforzare la cooperazione su temi chiave come la transizione verde, la digitalizzazione e la sicurezza energetica.
Le elezioni del 2025 segnano dunque una tappa fondamentale per la Romania e per l’Unione Europea. La vittoria di Barna, pur in un clima di forte polarizzazione, dimostra che la società rumena è ancora capace di mobilitarsi per difendere i valori democratici e la prospettiva europea. Tuttavia, il rischio di una nuova ondata sovranista resta concreto, e solo una politica inclusiva, attenta alle fragilità sociali e capace di dialogo potrà consolidare la scelta europea del Paese. In un’Europa attraversata da tensioni e incertezze, la Romania si conferma così un laboratorio politico e un ponte tra Est e Ovest, una sfida che riguarda non solo Bucarest, ma il destino stesso del progetto europeo.