di Barbara Barbieri  

L’emergenza pandemica ha posto la scuola italiana davanti a un prepotente cambiamento che ha investito la dimensione organizzativa, didattica e relazionale del fare scuola. Un cambiamento che ha travolto la comunità scolastica tutta, facendo uscire ciascuno dalla propria zona di confort per misurarsi con un nuovo modo di fare scuola e lavorare a distanza. Per affrontare un cambiamento bisogna prima di tutto comprenderlo e diventare poi oggetto del cambiamento stesso, ma questo può non bastare. Per realizzare il mutamento bisogna accrescere le spinte e ridurre la resistenza, quella resistenza al cambiamento insita in ogni persona e che si traduce in un atteggiamento di chiusura verso tutte le novità implicite o esplicite, desiderate o non desiderate.

Abbiamo imparato che essere resilienti significa essere consapevoli, in un presente che non può essere affrontato con strumenti noti e strategie codificate, nella costante ricerca di modalità nuove e allo stesso tempo efficaci per mantenere viva la relazione educativa. E così, la capacità di governare il cambiamento è diventata una competenza strategica, essenziale in una Scuola che ha incessantemente lavorato giorno dopo giorno per riorganizzarsi, rimodularsi e reinventarsi.

Abbiamo compreso, nello smarrimento dei giorni più bui, oggi più di ieri, che la scuola è luogo di educazione e formazione, di crescita, relazione e socialità. Che non c’è apprendimento senza coinvolgimento emotivo e che, tener viva la relazione educativa ha rappresentato una priorità della scuola al tempo del Covid.

Cosa ha fatto la differenza nella scuola a distanza?

Al di là delle conoscenze tecniche e delle competenze didattiche necessarie a gestire la comunicazione digitale, la scuola a distanza ha svelato il valore della relazione, della comunicazione efficace, della capacità di creare empatia in un nuovo e inesplorato spazio, quello dell’aula digitale. La differenza sta nella capacità di docenti e studenti di comunicare oltre lo schermo, di trovare la motivazione ad apprendere, la capacità di raccontarsi per condividere i sentimenti di ciascuno nella propria stanza, davanti ad un computer.

Docenti e studenti hanno dovuto attingere dalle proprie abilità comunicative sociali e relazionali, a quelle soft skills, o life skills che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)- Life skills education in schools 1993- indica come abilità psicosociali dell’area personale, sociale, interpersonale, cognitiva e affettiva dell’individuo, tecniche privilegiate per la promozione dell’educazione alla salute nell’ambito scolastico. Competenze cognitive, emotive e relazionali di base, che consentono alle persone di operare con capacità sia sul piano individuale, sia su quello sociale, entrambi aspetti fondamentali in questo lungo periodo di pandemia, per consentire di continuare a comunicare anche a distanza,  in modo autentico ed efficace.

Una didattica che diviene attiva anche a distanza, nella misura in cui è capace di far leva su quelle competenze che rendono significativo l’apprendimento, cioè le competenze trasversali che, seppur innate nell’individuo, possono essere valorizzate e potenziate in tutti gli attori coinvolti nella relazione educativa. Perché insegnare e educare è innanzitutto essere in relazione. La suprema Corte in una storica sentenza degli anni ’60 definisce i diversi significati delle parole insegnamento, istruzione e educazione, dandone sostanza giuridica “si comprende nel primo l'attività del docente diretta ad impartire cognizioni ai discenti nei vari rami del sapere, nel secondo l'effetto intellettivo di tale attività e nel terzo l'effetto finale complessivo e formativo della persona in tutti i suoi aspetti.

Se le competenze tecnico-specialistiche, o hard skills sono strettamente connesse al bagaglio formativo personale e alle nostre esperienze pregresse, e definiscono “quanto sappiamo”, le soft skills definiscono “chi siamo”. Queste, se integrate efficacemente nei processi di apprendimento aiutano a sviluppare un maggiore senso di appartenenza alla realtà, e un più elevato grado di adattabilità al cambiamento. L'OCSE, nelle conclusioni del documento del 2015 -Skills for Social Progress. The power of social and emotional skills- ha evidenziato che, per aiutare le persone ad affrontare le sfide del mondo moderno, i responsabili politici devono pensare in modo più ampio e considerare una vasta gamma di capacità, dove le abilità sociali ed emotive sono importanti quanto le abilità cognitive.

 La letteratura internazionale utilizza una terminologia variegata per riferirsi all’insieme delle competenze non cognitive (auto-controllo, benessere, perseveranza, intelligenza sociale, risoluzione collaborativa ai problemi, imparare ad apprendere e apprendimento continuo, iniziativa e pensiero indipendente, resilienza, adattabilità, consapevolezza ed espressione culturale) che sono oggi scientificamente riconosciute come competenze centrali nell’apprendimento permanente e nella vita lavorativa in età adulta.

Quale spazio hanno la valorizzazione e lo sviluppo delle competenze trasversali nei percorsi didattici educativi e formativi degli alunni e nella formazione del personale della scuola?

Parlare di competenze non cognitive, come dimensione trasversale alle pratiche educative e didattiche, conduce a una riflessione sull’acquisizione e rafforzamento di tali competenze all’interno della didattica e dei percorsi di formazione. Perché il tempo senza scuola ha reso ancor più evidenti le fragilità e i bisogni di tutti gli alunni, portando in primo piano la rilevanza della dimensione affettivo-relazionale e della motivazione nell’apprendimento. Per questo investire in capitale umano diventa, oggi più che mai, fondamentale.

Lo sviluppo delle competenze trasversali è un processo che riguarda tutti, e la scuola rappresenta il luogo ideale dove imparare a sviluppare un comportamento adattivo e positivo, che renda ciascuno capace di affrontare efficacemente le sfide della vita quotidiana, di sapersi orientare e di accettare le proprie responsabilità.

La scuola completa così la sua funzione di comunità educante, quando consente a ogni alunno uguali opportunità nell’apprendimento anche delle competenze trasversali, a garanzia di una reale inclusione.

27-05-2021
Autore: Barbara Barbieri
Esperta in diritto allo studio e legislazione scolastica
Università Suor Orsola Benincasa di Napoli- docente Master di I e II livello - normativa per l’Inclusione Scolastica e Sistema Nazionale di Valutazione.  
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