di Francesco Tufarelli

 Il 2020 e con lui il COVID hanno portato via uno degli ultimi grandi protagonisti della storia europea del ‘900.

Il Presidente Valery Giscard D’Estaing è stato sicuramente l’artefice di una grande rivoluzione liberale nella sua Francia e durante la presidenza ha avuto modo di sperimentare soluzioni innovative, che molto hanno contribuito allo sviluppo del Paese.

Immagino che tanti, in queste ore, ripercorreranno la sua storia e le sue opere facendo riferimento principalmente alla politica nazionale.

Da parte mia preferisco dedicare un ricordo all’ultima parte della vita di Valery Giscard D’Estaing e nello specifico ai suoi ultimi vent’anni, in cui è stato chiamato a realizzare la migliore sintesi fra la “Grandeur” francese di cui era massimo assertore e il sogno europeo che rischiava di naufragare dopo i disastrosi risultati dei Consigli europei del 2000 e del 2001 (Nizza e Laeken).

L’ancora di salvezza per la nuova Europa fu individuata nella Convenzione Europea e proprio all’anziano Presidente fu affidato l’onore e l’onere di presiedere questo peculiare consesso, coadiuvato da due importanti e autorevoli leader europei Giuliano Amato e Jean-Luc Dehaene.

Il 28 febbraio 2002 a settantasei anni appena compiuti l’Europa richiamava in servizio per l’ultimo miracolo il “soldato Valery”. Proprio lui che aveva lasciato la Presidenza del suo Paese ben 21 anni prima e da ispettore delle finanze era stato eletto deputato per la prima volta nel 1956, un anno prima della firma dei trattati.

La Convenzione europea è uno strumento nuovo, complesso da gestire, composto da mille anime e per questo pieno di insidie. E’, tra l’altro, il primo banco di prova per i Paesi del “Grande allargamento” che si trovano a dimostrare, nell’aula di Bruxelles, la loro maturità politica.

Già nei primi giorni di lavoro la Convenzione si svela per quello che è, una creatura assolutamente ingestibile in cui sarà necessario miscelare, con certosina pazienza, autorevolezza e tecnicalità.

Per il Presidente francese sicuramente la battaglia più complessa, fondamentale risulterà al riguardo la competenza giuridica e l’esperienza di Giuliano Amato.

Il praesidium, diretto da Giscard, nonostante le complesse agende dei qualificatissimi partecipanti, impone alla Convenzione un ritmo molto cadenzato. Diverse riunioni fiume ogni mese, caratterizzate da continue discussioni ma da nessun voto.

E’ l’ennesimo “coniglio dal cilindro” estratto dallo statista, nasce il “metodo del consenso”.

I critici e i cinici sottolineano ironicamente che il consenso si traduce nel procedere nella discussione, ad libitum, fino ad accettare il compromesso elaborato dal Presidente e dal suo praesidium. Tutti parlano, tutti discutono, tutti propongono ma pochi decidono, in sostanza Valery, Giuliano e Jean-Luc.

Ciò nonostante i risultati sono sotto gli occhi di tutti, nel febbraio 2002 in plenaria Giscard apre il dibattito su “cosa ci si attende dall’Unione Europea”, in aprile analogo dibattito su “i compiti dell’Unione Europea”, in maggio discussione su “l’efficacia e la legittimità nell’esercizio delle competenze dell’Unione Europea”, in giugno dibattito generale sullo “spazio di libertà, sicurezza e giustizia e il ruolo dei Parlamenti nazionali”.

In poco più di quattro mesi la convenzione ha esaminato in plenaria i principali temi assegnati e già il 24 e 25 giugno è pronta alla prima sessione di ascolto e dialogo con la società civile. Una novità assoluta che cambia le modalità di discussione e decisione all’interno dell’Unione, apre le porte delle istituzioni alla società civile. E’ un momento di “non ritorno”. E’ il rubicone delle istituzioni europee.

Fra luglio e ottobre Giscard forza ulteriormente i tempi, portando la sua Assemblea a confrontarsi su l’azione esterna dell’Unione europea, la politica di difesa e la semplificazione degli strumenti e delle procedure.

Contemporaneamente convoca una Convenzione Europea dei giovani dai 18 ai 25 anni e il 12 luglio 2002 ne discute in plenaria i risultati insieme all’intero collegio.

Proprio in questa occasione, verso chi fra noi gli fece notare che in realtà esiste anche una fascia di giovani fra i 16 e i 18 anni che andrebbero coinvolti, osserva divertito “sono minorenni, qui a Bruxelles è difficile portarli nei tempi previsti ma vi sarei grato se a livello nazionale li poteste coinvolgere”. Agli ordini Presidente, messaggio recepito.

Figlia naturale di Giscard dunque la “Convenzione Italiana dei giovani sull’avvenire dell’Europa” svoltasi a Roma dal 10 al 12 gennaio. Una straordinaria iniziativa del Governo italiano voluta dal Ministro pro-tempore Rocco Buttiglione e dall’intera delegazione italiana che, per la prima volta, riunisce 69 rappresentanze di movimenti giovanili e associazioni, incaricati di operare una sintesi in ordine a tutto il dibattito nazionale, svolto da decine e decine di convenzioni locali in scuole, centri studi e università.

Per non rallentare i lavori della Convenzione, conscio delle attese, dopo aver chiesto ai diversi gruppi di lavoro di velocizzare la consegna dei propri contributi e averne discusso i risultati in plenaria, il Presidente francese inizia a presentare, insieme al suo praesidium, una serie di progetti preliminari di trattato costituzionale, rinviando ai primi mesi del 2003 la presentazione di un articolato più organico. Evidente e insostituibile in questa fase il consiglio e il silenzioso lavoro del Prof. Amato.

Il primo semestre del 2003 è cadenzato da continue riunioni della Convenzione. Almeno due volte al mese e caratterizzato da continue e oceaniche discussioni, alla maniacale ricerca del “consenso generale”, cedendo solo raramente ad iniziative di dimensioni più ridotte, come ad esempio quando, a valle della convocazione straordinaria del 26 marzo 2003, il Presidente riceve un contributo alla convenzione firmato da 16 Paesi, di dimensioni medio piccole, sui principi e premesse di una riforma delle istituzioni europee.

Il Presidente imprime alla Convenzione un ritmo di lavoro folle, sconosciuto, fino ad allora, nei corridoi di Bruxelles e riesce fra giugno e luglio a presentare l’intero imponente impianto del testo, pronto per la Conferenza intergovernativa del 4 ottobre.

Indipendentemente dalla sorte di tale lavoro e dal deludente trattato che ne è scaturito, i diciotto mesi della Convenzione europea hanno costituito uno dei più fulgidi esempi di democrazia nella giovane storia dell’Unione.

L’esperienza e l’autorevolezza della presidenza hanno impedito fratture e lacerazioni, tipiche di questo tipo di processi e inevitabili in consessi privi di una governance determinata.

Al più anziano dei leader europei è toccato in sorte battezzare il più giovane degli strumenti costituenti.

In un’età in cui sarebbe lecito e doveroso godersi la pensione Valery Giscard D’Estaing ha dedicato tutte le sue energie alla costruzione di quell’Unione che aveva seguito sin dall’inizio. Proprio a lui, nato a cavallo delle due guerre mondiali, è toccato in sorte teorizzare la cosiddetta terza via, quella di un’unione collocata fra l’Europa degli Stati e il sogno federalista.

E’ paradossale al riguardo che il trattato costituzionale figlio della Convenzione venga bocciato, tra l’altro, proprio dall’esito negativo del referendum nella sua Francia.

E’ l’ennesima e ultima puntata del lungo e affascinante connubio fra Valery Giscard D’Estaing e la sua Francia. Una storia cadenzata da un grande amore ma anche da diversi tradimenti.

Valery Giscard D’Estaing ci lascia alla vigilia di una nuova Convenzione europea. Sulla capacità di convocarla e instradarla la Presidenza tedesca misurerà la sua virtù.

Il Presidente, ne siamo sicuri, ovunque sia ne seguirà con aristocratico distacco i lavori.

 

04-12-2020
Autore: Francesco Tufarelli
Presidente Centro Studi La Parabola
Docente Scienza dell’Amministrazione - Università Guglielmo Marconi
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