di Laura Caldara,

Per l’ennesima volta, non possiamo non evidenziare, l’inefficienza del sistema su un tema tanto delicato come quello della mancata erogazione degli stipendi dei supplenti che continuano a non ricevere neanche l’ombra di un centesimo. Uno scenario che sta creando disagi agli stessi e alle loro famiglie costretti, con sacrificio, ad attendere mesi per riscuotere ciò che gli spetta di diritto dopo mesi di lavoro.

Ad essere in attesa dei pagamenti sono qualcosa come 100mila supplenti. 

Si tratta di docenti e personale ATA che in almeno un quarto dei casi non avrebbe ricevuto nemmeno uno degli emolumenti maturati dal mese di settembre ad oggi.

Non solo: a questi lavoratori come denunciano i sindacati di categoria, vengono anche ridotti gli importi per il mancato riconoscimento di alcune voci stipendiali: tagli sulle retribuzione, a causa del mancato riconoscimento della retribuzione professionale per i docenti, con una riduzione di 174,50 euro al mese, e del compenso individuale accessorio per il personale Ata con una riduzione di 64,50 euro.

Pasticcio burocratico tra il Ministero dell'Istruzione e quello dell’Economia a dir poco discutibile. Gli accrediti per il mese di dicembre sono soltanto un lontano miraggio che ben si scontra con una realtà: siamo già a gennaio e molte famiglie hanno passato il Natale senza l’ombra di un quattrino.

A segnalarlo diversi sportelli sindacali di tutta Italia a cui si sono rivolti docenti e personale ATA comprendente bidelli e assistenti scolastici.

A raccontare quello che sta diventando un vero e proprio incubo sono le numerose segnalazioni di docenti precari, dal Nord al Sud dello stivale, che denunciano stipendi ad oggi non ancora retribuiti riferiti ai mesi di supplenza di settembre e ottobre 2021. Vari i capitoli di bilancio coinvolti. Una storia che lascia l’amaro in bocca e che si sta nuovamente replicando a distanza di pochi mesi. Stessa deficienza, stesso problema è stato sollevato da un gran numero di docenti per il ritardo nei pagamenti di maggio e giugno. Un episodio che si ripete e che in molti stanno denunciando facendo sentire la loro voceattraverso proteste perché è alquanto surreale, ancor più con l’emergenza sanitaria in corso.

I gruppi social esplodono di lamentele: Molti insegnanti, infatti, si sfogano su questi canali comunicativi. Oltre 3 mesi di ritardo e alla domanda perché i soldi non vengono accreditati la risposta è sempre la stessa: «si tratta di "risorse in corso di assegnazione da parte del Ministero". Ma non si risolve ancora nulla, ad oggi non se ne esce. 

Ma da dove si parte per comprendere nel dettaglio l’iter tortuoso di questa vicenda, che peraltro finora si è svolta nella quasi totale mancanza di risposte da parte di Ministero dell’Istruzione e Governo. La vicenda dei lavoratori della scuola assunti per affrontare la gestione dell’emergenza sanitaria da Coronavirus ha inizio con il Decreto Agosto che prevedeva la necessità di unità aggiuntive di personale docente e non docente per rispettare le esigenze di distanziamento sociale e di gestione delle pulizie e della sorveglianza dei locali.

Se non che per problemi burocratici legati alla ripartizione dei fondi da parte degli uffici scolastici, che a loro volta hanno operato senza che vi fosse un piano nazionale dell’organico da parte del Governo e alle divergenze sui calcoli delle buste paga, le risorse sono state distribuite con il contagocce.

I risultati sono stati drammatici per migliaia di lavoratori della scuola, soprattutto per i tanti precari che hanno deciso, pur di lavorare, di spostarsi in regioni diverse da quella di residenza e che quindi sono costretti a pagare anche un affitto.

I ritardi stipendiali e la cancellazione illegittima delle voci accessorie in busta paga sono condizioni non più accettabili. Lo denuncia in primis il Codacons, che sta ricevendo le richieste di aiuto da parte del personale scolastico. 

In forza dell'articolo 121 del Dl Cura Italia 18/2020, l'Istruzione avrebbe dovuto assegnare alle istituzioni scolastiche statali le risorse finanziarie per i contratti di supplenza breve e saltuaria anche in deroga alle vigenti normative e, quindi, con proroga anche in caso di rientro del titolare e, ciò al fine di favorire la continuità occupazionale dei docenti già titolari di contratti di supplenza breve e saltuaria, nei periodi di chiusura o di sospensione delle attività didattiche disposti in relazione all'emergenza sanitaria da Covid-19. Purtroppo, la realtà è ben diversa. Quella che doveva essere una situazione da risolvere in poche settimane, sta diventando una criticità per quanti attendono il riconoscimento economico per la prestazione lavorativa effettuata ormai diversi mesi. Quello che più delude è l’assenza di una trasparente comunicazione da parte di Governo e Istituzioni che serva a chiarire come e perché questa gente pur continuando a lavorare è costretta a sopravvivere senza emolumenti ma, soprattutto, è nel loro diritto sapere quando ne possano ricevere l’erogazione.  

In alcuni casi la scuola ha autorizzato il pagamento, ma nonostante questo lo stato rata è ancora adesso in:“Risorse in corso di assegnazione da parte del Ministero dell’ Istruzione”. Alcuni docenti provano a contattare le scuole presso le quali hanno prestato servizio, e la risposta in molti casi è che il pagamento risulta “in lavorazione”.

Ciò che va detto è che, “il mancato pagamento o parziale pagamento, con applicazione di ritenute Irpef fuori da ogni logica, degli stipendi è incomprensibile e non può essere spiegato con nessuna scusa che regga, in quanto il Ministero dell'Istruzione conferma la piena copertura per il personale assunto per sopperire alle carenze di organico e permettere la regolare apertura delle scuole a settembre nel pieno rispetto delle norme anti Covid - spiega Leo Manoli sindacato Adl scuola - i fondi a copertura del dovuto sono infatti stati ricevuti dalle scuole abbiamo quindi deciso di incontrare il Prefetto per cercare di capire perché gli stipendi non vengono erogati. Ricordiamo che si tratta di personale senza il quale le scuole non avrebbero potuto riprendere».

Al di là di quale possa essere la causa del mancato pagamento degli stipendi è assolutamente necessario e prioritario riparare tempestivamente e definitivamente le falle create da questa cervellotica gestione dell'organico Covid e procedere immediatamente con i pagamenti. 

In loro difesa scende in campo il Codacons, che ha pubblicato sul proprio sito internet il modulo di diffida attraverso il quale tutti i soggetti coinvolti possono intimare a Miur e Mef il pagamento degli stipendi arretrati, pena una azione collettiva per gli evidenti danni patrimoniali subiti. Un espediente che serve solo a prendere tempo e illudere i docenti, perché  di fatto, detto strumento,  non ha portato a nessun risultato concreto. 

La beffa è che si tratta di un lavoro che ha come datore lo Stato, e dunque che dovrebbe essere maggiormente affidabile e garantito per quel che concerne il pagamento. Uno scenario che anche un bambino non avrebbe difficoltà a capire: non si tratta di disguidi isolati ma di una vera e propria problematica estesa. 

La FLC CGIL è costantemente intervenuta a questo scopo presso il Ministero. Da tempo chiede che questo iter procedurale di autorizzazione da parte del MEF e di conseguente caricamento delle risorse sui POS delle scuole sia semplificato e reso efficiente.

Uno dei punti alla base della mobilitazione proclamata dalla FLC CGIL, insieme con UIL scuola, SNALS Confsal, GILDA Unams, è proprio la semplificazione generale delle procedure e il rafforzamento del settore amministrativo.

Purtroppo, per questi lavoratori il pagamento delle mensilità arretrate diventa ancora un motivo di preoccupazione. Mai questi dipendenti avrebbero pensato di rischiare di non percepire le mensilità proprio durante le festività Natalizie. Al danno oggettivo di non percepire lo stipendio, si aggiunge quello morale e psicologico di essere vittime di un’ingiustizia, avendo lavorato senza essere stati ancora pagati. Una della situazioni più frustranti per un lavoratore. Ma nulla al momento schiarisce l’incertezza e la delusione che affligge tutti questi lavoratori. L’attesa per queste categorie rischia di protrarsi ancora. 

Si lede così nuovamente e perpetuamente un diritto costituzionale. Più che uno sciopero, che costa ai dipendenti la decurtazione di una giornata, servirebbe un'azione legale.

di Laura Caldara 

10-01-2022
Autore: Laura Caldara
Avvocato esperto in leadership e comunicazione politica
meridianoitalia.tv

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