di Marco Pellegrini

Il repentino e spaventoso incendio di domenica scorsa ha ricordato a tutti – pescaresi e non pescaresi – che nessuno può realmente fuggire dallo spietato rigore del principio di realtà.

Questo inesorabile criterio ci ricorda che tutto il territorio del Comune di Pescara è pari a soli 36 Kmq.

Volendo rendere con un'immagine geometrica, per pura comodità. tale misura di superficie, è sufficiente pensare ad un rettangolo lungo nove chilometri e largo quattro.

Un rettangolo attraversato da due linee ferroviarie, una tangenziale che lo avvolge su tre lati, una superstrada a quattro corsie che lo taglia da ovest ad est, uno dei pochi fiumi di portata perenne della Penisola che lo divide quasi simmetricamente, due fossi ai confini settentrionale e meridionale, con l'arenile marino che ne costituisce l'inesorabile confine orientale. E al cui interno sono ospitati un aeroporto, stazioni ferroviarie, palazzi istituzionali, impianti di depurazione, un porto turistico, un porto canale con le relative banchine.

Tale spazio così angusto e denso di strutture umane e di elementi naturali è abitato da circa centoventicinquemila persone. E frequentato nei giorni feriali da un numero quasi doppio di anime.

E' evidente che siamo di fronte ad una realtà paradossale: normalmente una città dell'Occidente moderno - con tale entità di popolazione in uno spazio così angusto - non dovrebbe esistere. Eppure esiste e tira avanti abbastanza bene.

Questi dati paradossali non menzionano altri paradossi per una città occidentale del XXI secolo: non raccontano la tumultuosa crescita della città che dagli anni '30 agli anni '80 passò da trentamila a centocinquantamila abitanti; non dicono la totale cementificazione della pianura e della costa e di gran parte delle colline; non svelano la pluridecennale assenza di una pianificazione nella realizzazione delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie.

Ma di certo quelle informazioni non rappresentano un altro paradosso, questa volta di segno altamente positivo: e cioè che un po' più di mezzo chilometro quadrato è occupato dalla Pineta sita a sud della città.

Un settantaduesimo dell'intero territorio comunale.  L'1,4% circa. Non è poco, soprattutto per una città mediterranea.

Quando si allora legge – come è possibile fare visitando il sito WEB della Riserva Naturale Regionale Pineta Dannunziana - che “questa area, di cui 35 ettari spettano all’originale area della pineta, è un vero e proprio “polmone verde” in un contesto urbano esteso e tra i più densamente popolati d’Italia, (…) l’elemento identitario più forte della città sia culturale, sia storico e paesaggistico e luogo caro a personaggi illustri pescaresi come D’Annunzio, Flaiano, i Cascella e Antonelli”, non ci si può esimere dall'avvertire un senso di vertigine per quella che appare come una scommessa gloriosa ma assolutamente incerta: garantire la sopravvivenza di un ecosistema naturale quasi incontaminato all'interno di una città che certo assomiglia, dal punto di vista urbanistico, molto più a Barcellona e ad Atene che a Monaco di Baviera o a Vienna.

Ai pescaresi le scommesse sono sempre piaciute, si sa. Non ci mancano fantasia, estro e coraggio. Ma per affrontare una scommessa del genere, e per vincerla, non basta di certo che qualche amministratore si impegni per la promulgazione di una riserva naturale protetta, come avvenne con la Legge della Regione Abruzzo n° 96/2000; né è sufficiente ribattezzare la Pineta D'Avalos Pineta Dannunziana, com'è avvenuto nel corso dei decenni, confidando nella potente protezione ed intercessione del Vate eponimo.

Per vincere una scommessa del genere è necessario, piuttosto, un impegno QUOTIDIANO, COERENTE, INTELLIGENTE, LUNGIMIRANTE di tutta la cittadinanza, dei residenti delle zone adiacenti alla Pineta, dei funzionari dell'Amministrazione Comunale, dell'Ente Regione, dei politici e degli amministratori locali, dei poteri e delle strutture pubbliche competenti in materia di ambiente, degli operatori culturali, degli ecologisti ed anche degli imprenditori del luogo. Sono necessarie in altre parole costante pianificazione, puntuale programmazione, quotidiana capacità di manutenzione ed ingegnosità nel trovare soluzioni nuove a problemi di ogni tipo.

Perché, in assenza di questa quotidiana assunzione di responsabilità, sono sufficienti tre mesi di siccità estiva e due giorni di garbino rabbioso, uniti a comportamenti scriteriati o peggio, dolosi, di qualche persona poco compos sui, per far sì che tale magnifica scommessa venga inesorabilmente perduta.

04-08-2021
Autore: Marco Pellegrini
Avvocato
meridianoitalia.tv

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