di Maurizio Gentilini

 In questo periodo di emergenza globale, l’attenzione dei media e di ognuno di noi si è focalizzata su alcuni temi particolari, legati alla diffusione e al contrasto del virus e ad alcune conseguenze più o meno dirette nelle sfere delle libertà individuali e dei rapporti sociali, delle relazioni politico-istituzionali, delle problematiche di tipo economico-finanziario.

Minore attenzione - come è naturale in situazioni del tutto inedite e imprevedibili come quella attuale - è stata posta a uno sforzo di analisi e di visione del fenomeno generale più “storicizzante” e di prospettiva, che non si limiti a slogan del tipo “niente sarà più come prima”.

Di sicuro è stata definitivamente acquisita la consapevolezza che viviamo in una realtà globale dove tutto è interconnesso e correlato, e che le definizioni di “antropocene” e “noosfera”, un tempo confinate nella riflessione e nel lessico filosofico e scientifico, stanno rivelando tutte le proprie implicazioni politiche.

L’immagine, evocata da papa Francesco, dello “stare sulla stessa barca”, si rivela una metafora senza alcuna concessione alla poesia. La barca è uno spazio limitato, che richiede pazienza e adattamento nella convivenza, condivisione della speranza rispetto alla rotta da compiere, della paura di fronte alla forza degli elementi, della fatica rispetto alla pesca da compiere.

Come per i linguaggi di programmazione, nuove grammatiche e nuovi alfabeti stanno riscrivendo la narrazione delle relazioni umane (spesso sostituendole con le connessioni virtuali), accompagnando il mondo globalizzato fuori dai recinti e dai paradigmi culturali descritti con il termine di “modernità”, per approdare a una fase fortemente dinamica ed evolutiva, caratterizzata da una fortissima incertezza di fondo.

Un’umanità alle prese con la precarietà relazionale, affettiva, ermeneutica, economica e culturale; organizzata in società attraversate da movimenti non arginabili (di immagini, tecnologie, capitali, idee e illusioni), trasformata dalla frammentazione sociale, abitata da cittadini legati da rapporti liquidi – secondo la celeberrima definizione di Zygmunt Bauman – con le cose e con i propri simili, alle prese con la difficoltà di fondare legami solidi in un mondo in cui la rappresentazione della realtà sembra essere più reale della realtà stessa.

Indubbiamente la crisi indotta dalla pandemia sta contribuendo in maniera strutturale a definire il “cambio d’epoca” annunciato e discusso nel dibattito pubblico degli ultimi tempi.

Uno degli elementi chiave di questa nuova ermeneutica riguarderà una delle acquisizioni cardine della modernità: l’identificazione dell’evidenza con la certezza, dal “cogito ergo sum” cartesiano al metodo scientifico definito da Galileo e raffinato in secoli di applicazione nei vari ambiti di indagine. Anche un assunto tendenzialmente assoluto come quello di Hegel “ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale” dimostra tutta la propria relatività, pensando alle macroscopiche differenze tra i determinanti di quello che percepiamo soggettivamente e di quanto rileviamo scientificamente.

Il ridimensionamento delle certezze garantite dalla ragione scientifica e ritenute necessarie alla nostra vita, e il ritorno a una incertezza strutturale sembrano le cifre interpretative della nuova epoca alla quale ci stiamo affacciando.

Molte delle nostre odierne certezze diverranno presunte e – anche con l’aiuto della granularità acritica e destrutturata dell’informazione - le evidenze non genereranno tesi o credenze che non possano essere smentite o interpretate in modo multiforme e conflittuale.

Da molte parti si stanno facendo avanti alcune forme di conoscenza ancorate a modelli di pensiero di matrice medievale, basate sull’analogia e su acquisizioni slegate dall’”onere della prova”, e legate piuttosto alla consapevolezza di non sapere, che influenzeranno gli statuti di molte discipline e la loro ibridazione con altre forme di sapere.

Il progresso dei metodi scientifici sta portando a mettere in discussione più le domande che le risposte, e il percorso che alle risposte conduce, con i procedimenti che permettono di giungere alle conclusioni.

Oggi gli elementi strutturali della realtà misurabile vengono sempre più considerati nella loro valenza antropologica, poiché tante acquisizioni scientifiche recenti dimostrano che la vita si sviluppa dalla capacità di relazionarsi e non dall’isolamento, e che le dimensioni finite e misurabili di tempo e spazio tendono incessantemente verso un concetto di eternità.

Verosimilmente, sarà questa la nuova condizione del mondo, molto più imprevedibile, più libera e al contempo più sottoposta a mille condizionamenti, che noi non siamo in grado di dominare e neppure di prevedere.
Se analizziamo, anche superficialmente, le condizioni primarie della convivenza – come quelle della guerra e della pace - nel mondo attuale, l’assunto gramsciano secondo il quale l’ “ottimismo della volontà” è l’unico elemento opponibile al “pessimismo ragione” dimostra tutto il proprio potenziale etico e politico.

La condizione di “terza guerra mondiale … seppur combattuta a pezzetti” evocata da papa Francesco (18 agosto 2014), seppur non ratificata da nessuna cancelleria, trattato o consiglio di sicurezza, non è mai stata smentita da nessuno. Il 29 settembre successivo, il Segretario di Stato vaticano Piero Parolin, intervenendo all’assemblea delle Nazioni Unite, ha descritto i lineamenti “totalmente nuovi” degli scenari di guerra che insanguinano il mondo. L’inefficienza strutturale dimostrata dalla istituzione più rappresentativa della comunità e dell’ordine internazionale come l’ONU (“creatura” del ‘900), pone nuove sfide, circoscritte a due ambiti fondamentali: l’identificazione dei fattori naturali, culturali e politici che generano le crisi e l’adeguamento degli istituti del diritto internazionale per prevenirle.

Dall’epoca delle grandi divisioni (ideologiche e politiche) siamo passati all’epoca della frammentazione, anche dei concetti primari di guerra e di pace. Le tante frontiere della pace (e delle guerre), se una volta passavano dal controllo della politica internazionale e delle fonti energetiche, passano oggi dal controllo di tutt’altri elementi, come le grandi reti informatiche.

Dopo decenni e secoli in cui l’uomo e la politica hanno ignorato le conseguenze delle azioni antropiche sulla natura, stiamo assistendo a una serie di fenomeni atmosferici (e non solo, come nel caso delle pandemie) inediti e devastanti, che coinvolgono aree e fasce di popolazione sempre più larghe.

Il modello occidentale (europeo e nordamericano) di democrazia, e quello economico e ideologico neoliberista, che si ritenevano in grado di governare i processi di globalizzazione e di dettare le regole per le mutazioni dell’ordine mondiale, si trovano in realtà di fronte a una grande regressione, con l’incapacità di garantire stabilità economica, giustizia sociale e mantenimento della pace.

L’Europa sta perdendo la propria identità storica e si sta avviando a non essere più il laboratorio di civiltà e umanesimo che è stata per almeno due millenni - dalla cultura giudaica a quella greca, dall’impero romano all’ecumene cristiano, dal rinascimento all’illuminismo - elaborando e definendo valori universali come libertà, uguaglianza e fraternità, condensati nel principio della ricerca della verità.

Si stanno sgretolando le fondamenta etiche di un’Europa unita e democratica (emblematici i rancori tra i paesi del nord e del sud emersi a proposito della gestione dei flussi migratori e nella discussione sui “coronabond”), così come la fiducia in un processo di integrazione politica intrapreso alla metà del Novecento, grazie alla lungimiranza dei suoi padri fondatori.

Il baricentro del mondo si è definitivamente spostato su altri (e molteplici) assi, dove i modelli di governance maggioritari sono incarnati da regimi “relativamente” democratici, quando non “effettivamente” autoritari. Nelle democrazie tradizionali (sempre più circoscritte nel mondo occidentale) sta progressivamente venendo meno il principio della separazione dei poteri e aumentando la loro concentrazione negli esecutivi; sta mutando il concetto di rappresentanza che delinea la sovranità popolare, e la rappresentanza reale si sposta decisamente dall'elettore verso oligarchie e centri di potere.

Nell’era cosiddetta post-secolare, l’appartenenza e la presenza religiosa non richiedono più sforzi per tutelare il territorio e difendere le ragioni della propria fede, o per rivendicare le prerogative della propria comunità. Ci si congeda dalla contrapposizione tra secolare e religioso tipica della modernità e, nel contempo, si dischiudono opportunità impensate per camminare insieme. Coerenza e partecipazione possono diventare gli elementi essenziali per sostenere la propria fede nella storia, così come il dovere di dialogare responsabilmente con la cultura del proprio tempo.

Esempi “settoriali” di una strutturazione del mondo in forte cambiamento, ma che ci rammentano la necessità – d’ora in poi - di valutare ed affrontare le situazioni, i problemi e le scelte politiche stabilendo delle priorità, usando approcci, modelli e linguaggi meno astratti e ideologici, più ancorati alla realtà e ai bisogni dell’uomo, con un metodo induttivo che muova da situazioni e bisogni concreti.

In che cosa e in che modo cambierà il mondo a seguito della pandemia?

Allo stato attuale, si possono identificare alcune tendenze più o meno consolidate, ma della quali è difficile prevedere lo sviluppo, se prenderanno una direzione differente da quella attuale, o se si tratterà solo di fenomeni temporanei.

Sembra abbastanza evidente che il termine “globalizzazione” muterà di significato, a fronte di nuove limitazioni nei confronti della circolazione delle persone e delle merci, alla tendenza all’autosufficienza espressa dai contesti nazionali, alla domanda di prodotti e servizi locali, al ripensamento e rimodellamento delle catene di produzione, di approvvigionamento, di distribuzione, rivelatesi molto vulnerabili in occasione di questa crisi sistemica.

A livello globale si potrà registrare un livellamento delle disuguaglianze, con un declino economico maggiore dei paesi finora considerati più avanzati rispetto a quelli in via di sviluppo o emergenti. Nel contempo aumenteranno però le disparità sociali interne, soprattutto nei paesi più ricchi.

Per parlare del vivere civile si imporranno nuovi alfabeti, ad esempio considerando che il “distanziamento sociale” sarà sempre più interpretato come la distanza intercorrente tra ricchi e poveri, tra chi ha tutele e chi no, tra chi “sta bene” ed è molto ben rappresentato e difeso, e chi “sta male” e viene abbandonato a sé stesso.

Un altro termine che subirà una generale ridefinizione di senso sarà la “solidarietà”. La chiusura delle frontiere nazionali a seguito della pandemia, l’attenzione esclusiva dei governi ai propri cittadini, la diffidenza e la discriminazione nei confronti di chi proviene dai paesi in cui si è diffuso il contagio, aumenterà la tendenza ai sovranismi e la difficoltà a recuperare visioni culturali e politiche solidali e a riallacciare legami sovranazionali virtuosi.

Il termine “resilienza”, intesa come la capacità di prevenire e assorbire gli shock esterni e di misurare la vulnerabilità, dovrà entrare a far parte di tutti i processi di programmazione e di gestione della vita sociale, dai governi, alle imprese, alle famiglie.

I conflitti generazionali muteranno e segneranno inversioni di polarità: i giovani potranno accusare i più anziani di irresponsabilità nei confronti della salute del pianeta; i secondi, più vulnerabili e più sensibili alle nuove minacce e ai nuovi pericoli, denunceranno i primi per la scarsa disponibilità a mutare i propri modelli di vita.

A fronte degli enormi stanziamenti straordinari per contrastare la crisi disposti dai governi, e del conseguente aumento del disavanzo e del debito pubblico generale, è facile prevedere una nuova centralità della politica e nuove forme di statalismo nel governo dell’economia e della produzione.

Dopo un periodo storico in cui è prevalsa – soprattutto nella politica - la tendenza a proporre soluzioni semplici per risolvere problemi complessi, potrebbe farsi strada una maggiore fiducia nella competenza e nella professionalità.

Le forme di sorveglianza su tutte le attività umane sono destinate ad aumentare in maniera massiccia e diffusa, con particolare riguardo ai dati riguardanti la sfera biologica e dei comportamenti, senza adeguati contrappesi e garanzie per quanto riguarda la salvaguardia dei diritti personali e collettivi.

Nel mondo della ricerca e dell’innovazione, l’emergenza ha stimolato la condivisione dei risultati e la cooperazione tra i ricercatori al di fuori e al di là di ogni confine. La “rivoluzione digitale”, cominciata qualche decennio fa, sembra giunta a uno stadio di maturità non solo negli aspetti tecnologici, ma anche nelle sue conseguenze culturali, sociali, politiche ed economiche. E’ però giunto il momento di disporre di un apparato normativo adeguato (soprattutto a livello sovranazionale) che sancisca il valore pubblico delle tecnologie digitali e fissi criteri e norme per misurarsi con la rete e le sue risorse, garantendo libertà e diritti.

Dopo un’epoca dominata dall’individualismo e da legami sociali polverizzati e liquidi, dopo un periodo di forzata rarefazione dei contatti interpersonali e di normalità relazionale, è lecito aspettarsi che emergano nuovi bisogni legati al recupero del senso di comunità, del valore delle relazioni sociali per dare un senso alla vita delle persone. Ci si dovrà sforzare per coglierli, decifrarli, interpretarli e offrire loro nuove risposte.
Altrettanto sforzo si dovrà dedicare nel correggere i modelli di organizzazione istituzionale e amministrativa che hanno dimostrato di non essere adeguati a fronteggiare le crisi che stiamo attraversando e che – verosimilmente – ci attendono nel futuro. Idem per la difesa delle libertà fondamentali e per adeguare i sistemi di diritto e le normative.

Moltissime altre sono le domande e le congetture che si possono formulare a proposito degli scenari che ci verranno proposti nel mondo “post-covid”.

L’importante è cominciare a porsi degli interrogativi a proposito del cambio di prospettive e di regole, e adeguare il proprio sguardo a un modo nuovo di interpretare la realtà.

Però, prima di stabilire nuovi paradigmi e nuove regole, bisogna identificare una direzione chiara nella quale procedere … e percorrerla.

 

17-05-2020
Autore: Maurizio Gentilini
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
meridianoitalia.tv

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