di Vito Vacca

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nasce nell’ambito della risposta europea “Next Generation EU” alla crisi socio-economica determinata dalla pandemia a partire dal 2020.

Si tratta di una novità assoluta per diversi motivi: dopo gli errori fatti nell’affrontare la crisi finanziaria partita dagli Stati Uniti nel 2007-2008 ed abbattutasi sull’Euro nel 2010-2011 con l’adozione di politiche di bilancio fortemente restrittive econseguenze pesanti per la Grecia in primis, ma anche per i Paesi mediterranei, più l’Irlanda e l’Ungheria, questa volta si è cambiato registro nella risposta alla crisi.

Per la prima volta dopo venti anni, si è deciso di contrarre un debito europeo in comune (eurobond), riuscendo a superare le forti resistenze dei Paesi “frugali” (Olanda, Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia), che in passato hanno sempre avuto il fondamentale appoggio della Germania.

La crisi innescata dalla pandemia ha portato ad un positivo cambio di paradigma nella risposta europea, che questa volta ha visto d’accordo Germania e Francia con un’importante ruolo svolto dall’Italia; ma, ancora una volta,la decisione ha dovuto pagare un forte dazio ai Paesi “frugali”, che da un lato sono stati costretti ad accettare l’indebitamento comune europeo che va a finanziare il Next Generation EU, ma dall’altro lato hanno imposto tempistiche draconiane nell’attuazione dei Piani nazionali di soltanto cinque anni, ossia dal Luglio 2021 al Giugno 2026 (potendo recuperare le spese sostenute nell’anno 2020).

Ovviamente qual è il pensiero sottostante a questa imposizione, se le macchine amministrative nazionali non riusciranno a “mettere a terra” questa mole di risorse, l’indebitamento da contrarre sui mercati sarà minore e si sarà dato un duro colpo alla credibilità degli Stati, che hanno chiesto le risorse, ma non sono riusciti ad utilizzarle nei tempi stabiliti.

Infatti, 20 Paesi su 27 hanno chiesto soltanto la quota di risorse europee relativa alle sovvenzioni da non restituire; nel complesso le dimensioni degli altri Piani nazionali sono molto distanti dal PNRR italiano: Spagna 69,5 miliardi (un terzo); Francia 39,4 miliardi (un quinto); Polonia 36,0 miliardi; Grecia 30,5 miliardi; Romania 29,1 miliardi; Germania 25,6 miliardi (un ottavo); Portogallo 16,6 miliardi di Euro.

Pertanto, gli importi dei Piani degli altri Paesi sono nettamente più contenuti con la conseguenza che il totale richiesto dai 27 Stati membri è stato di 504,0 miliardi sui 672,5 disponibili sul Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (RRF in inglese) all’interno del Next Generation EU.

Soltanto ora, la Spagna, palesandosi lo spettro del ritorno a partire dal 1° Gennaio 2024 del Patto di Stabilità (che è stato sospeso per la pandemia dal 2020 al 2023), ha deciso di chiedere la quota di finanziamenti da restituire (95 miliardi), portando il suo Piano ad un totale di 164,5 miliardi,avvicinandosi all’enorme importo del Piano italiano. 

Non bisogna dimenticare che, a causa delle forti politiche di austerità dal 2011 in poi, gli investimenti pubblici in Italia sono crollati dal 3% al 2% del PIL; ora con il PNRR qual è la sfida per il Sistema Italia: passare dai 40 miliardi di investimenti pubblici del 2020, ai 70 miliardi degli anni 2023-2024, per giungere negli anni 2025-2026 agli 80 miliardi di Euro all’anno; quindi, ad un sostanziale raddoppio degli investimenti.

Tutto questo a fronte di una Pubblica Amministrazione indebolita dai tagli degli ultimi lustri e dal decennale blocco delle assunzioni, con un’inversione di tendenza per quanto riguarda il reclutamento del personale soltanto dal 2021 in poi, proprio per l’implementazione del PNRR con l’attivazione del portale “inPA” e lo snellimento delle procedure di concorso. 

Nel Piano Nazionale, la spesa per investimenti in costruzioni rappresenta il 32,6% della spesa complessiva, seguita dal 18,7% per gli incentivi alle imprese, seguono iprodotti informatici ed elettronici con il 12,4%; quote rilevanti sono destinate alla ricerca e sviluppo con il 6,2%, ed alla realizzazione di piattaforme informatiche e database al 3,8%, direttamente correlate all’innovazione digitale.

In particolare, le misure che riguardano il settore delle costruzioni possono essere quantificate in 76,8 miliardi, pari appunto al 32,6% della dotazione del Piano, ma l’ANCE stima che le risorse possano arrivare fino a 108 miliardi,includendo l’impatto complessivo delle opere pubbliche da realizzare, a fronte di un’incidenza dello specifico settore pari al 32% in Spagna, al 23% in Germania, al 21% in Francia sui rispettivi Piani nazionali.

Considerando i dati aggregati appare chiara la caratterizzazione del PNRR con il 61,8% delle risorse destinate ad investimenti pubblici (materiali ed immateriali);il 12% della dotazione per finanziare spese correnti, specificamente autorizzate dalla Commissione Europea, come nel caso del personale collegato alla riforma della giustizia e al personale dei centri per l’impiego; il 5,0% delle risorse è destinato a trasferimenti alle famiglie.

La ricognizione degli aiuti destinati alle imprese, all’interno del PNRR, ammonta a 44 miliardi di Euro tra incentivi e crediti di imposta (appunto il 18,7% delle risorse); inoltre, il 2,4% della dotazione del Piano è destinato alla “riduzione di contributi datoriali” a favore delle imprese per 5,6 miliardi.

Di queste risorse, ben 18 miliardi riguardano il finanziamento della misura Transizione 4.0 con crediti di imposta per la digitalizzazione delle imprese di tutti i settori;13 miliardi sono destinati a settori specifici: agroalimentare, Cultura 4.0, Turismo 4.0, microelettronica, spazio, produzioni energetiche; cinque miliardi riguardano i contrattidi sviluppo e di filiera; circa due miliardi supportano gli aiuti alle imprese del Centro Italia nelle aree colpite dai terremoti.

Nel complesso si tratta di risorse molto importanti, che però non disegnano una strategia di politica industriale per l’Italiacome hanno fatto di recente altri Paesi europei; ad esempio, manca una visione in relazione alla transizione dai veicoli a motore verso nuovi paradigmi di produzione, individuando tempi e modi ragionevoli e sostenibili (per un settore strategico della nostra economia), che non si appiattiscano soltanto sull’elettrico (consegnandoci al predominio cinese),ma valutino un portafoglio di possibili opzioni alternative.

Inoltre, questo approccio rischia di polarizzare ulteriormente il sistema produttivo nazionale verso Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, perché la misura Transizione 4.0, molto rilevante sul totale delle risorse per le imprese, non prevede la riserva del 40% per le attività con sede nelle otto Regioni del Mezzogiorno, per cui si continua ad indirizzare ampie risorse verso le realtà produttive più sviluppate ed evolutedel Paese.

Altri esempi riguardano la mancanza di una connessione tra il possibile nuovo ruolo del Sud come fornitore di energia per il resto del Paese ed il rafforzamento della sua filiera produttiva per quanto riguarda prodotti e servizi per le energie rinnovabili; e carenze simili di visione futura riguardano territori come le aree appenniniche ed adriatiche del Centro-Italia, che potrebbero trarre vantaggio dal reshoring delle produzioni a fronte dei cambiamenti intervenuti nelle catene del valore negli ultimi anni. 

A fronte dei tempi di attuazione molto ristretti, la governance del PNRR è molto centralizzata e va in una direzione diversa rispetto ai Fondi Strutturali, che vedono una gestione concorrente tra Commissione Europea, Stato membro e Regioni; infatti, il negoziato per il Periodo2021-2027 si è snodato nell’arco di ben tre anni dal 2019 al 2021, con l’approvazione formale dell’Accordo di Partenariato che è intervenuta soltanto nel Luglio 2022. 

Un’importante novità dei Fondi Strutturali 2021-2027 riguarda il “riesame intermedio”, gli stanziamenti corrispondenti al periodo 2021-2025 sono stati destinati alle Priorità (già Assi Prioritari)                                 dei Programmi approvati; ma l’“importo di flessibilità” per gli ultimi due anni, 2026 e 2027, verrà assegnato soltanto a seguito di un approfondito riesame intermedio, che porterà ad una riprogrammazione delle risorse entro il 31 Marzo 2025, con un rischio serio di perdere le risorse se non utilizzate nei tempi stabiliti. 

Tornando al PNRR, la dotazione delle risorse è in capo alle Amministrazioni Centrali (AC), che comprendono quattordiciMinisteri e nove Dipartimenti della Presidenza del Consiglio, con dotazioni molto importanti che raramente si sono viste in passato in capo a tutti questi dicastericontemporaneamente.

Due sono i Decreti Legge che disciplinano l’attuazione del PNRR, il D.L. 77 del (Maggio) 2021 ed il recente D.L. 13 del (Febbraio) 2023, il quale ha modificato l’impostazione iniziale della governance, che comunque rimane in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la Cabina di Regia del Piano e la nuova Struttura di Missione che fa capo al Ministro competente per il PNRR, quale autorità politica delegata.

L’altro snodo chiave dell’attuazione del PNRR è il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), in particolare la Ragioneria Generale dello Stato (RGS), che pur avendo perso il ruolo di “contact point” con la Commissione Europea, rimane fondamentale con l’Ispettorato Generale per il PNRR per il governo dei flussi finanziari, e per la rendicontazione delle 213 milestone (traguardi) e dei 314 target (obiettivi) attraverso la gestione del sistema di monitoraggio ReGIS, sul quale tutte le informazioni relative al Piano devono transitare.

Si tratta di una vera e propria corsa ad ostacoli, con 527 obiettivi europei da raggiungere (poi ci sono quelli nazionali sulle risorse del Piano Complementare) per poter ricevere dalla Commissione Europea dieci rate semestraliposticipate, che si aggirano tra i 13 ed i 24 miliardi, che andranno ciascuna a recuperare il 13% di prefinanziamento pagato all’Italia il 13 agosto 2021 per un importo di 24,9 miliardi.  

Ad ogni modo, ai fini dell’implementazione delle Misure del Piano Nazionale, rimane il ruolo fondamentale che devono svolgere i Ministeri competenti; che, con le loro Unità di Missione dedicate alla messa a terra delle enormi risorse disponibili, sono il vero motore dell’attuazione pratica del PNRR, attraverso diverse modalità concrete riepilogate qui di seguito.

1) Assegnazione di risorse previste da atti normativi, come nel caso della Giustizia e della Sanità; 2) una procedura concertativo-negoziale, in cui il progetto viene individuato a seguito di un percorso di concertazione con i soggetti istituzionalmente competenti, che possono essere anche le Regioni o i Comuni; 3) una procedura di selezione tramite avviso pubblico o bando di gara, in cui i progetti sono individuati attraverso la raccolta di proposte progettuali rispondenti ad un’apposita procedura ad evidenza pubblica.

Nonostante il sistema di governance sia centralizzato, il ruolo degli enti territoriali non sarà affatto marginale, la ricognizione delle risorse porta a circa 50 miliardi che dovranno transitare tramite le Regioni, le Città Metropolitane, le Province, i Comuni, e ad oltre 15 miliardi destinati alle ASL ed alle Aziende Ospedaliere (AO).  

Sempre in funzione dei tempi di attuazione particolarmente ridotti, sono previsti forti poteri sostitutivi in capo ai Ministeri, ai Dipartimenti ed alla Presidenza del Consiglio, nel caso in cui i tempi non vengano rispettati o di procedure di implementazione che si rivelino più lunghe del previsto.

L’anno 2023 è una anno chiave nella partita delle risorse europee con un vero e proprio ingorgo di attività: a) entro il 31 dicembre deve chiudersi la Programmazione 2014 – 2020 con erogazioni importanti ancora da effettuare; b) l’essere in piena fase di attuazione del PNRR, le cui modifiche potranno essere presentate dall’Italia alla Commissione Europea entro il 31 agosto; c) la partenza concreta della Programmazione 2021 – 2027, che richiede impegno da parte delle Amministrazioni Pubbliche rispetto ad un quadro di regole che sono state comunque modificate.

Il Sistema Italia deve prendere coscienza delle sfide che abbiamo davanti, dopo un lungo periodo di siccità finanziaria siamo di fronte ad un’alluvione di risorse da utilizzare in tempi brevi; oltre a tutte quelle di cui abbiamo parlato sopra ci sono ulteriori 75 miliardi di Euro (incluso il cofinanziamento nazionale) sulla Programmazione 2021 – 2027, con dotazioni importanti per le imprese ed i territori che dovranno essere utilizzate entro la fine del decennio(31/12/2029). 

La domanda di oggi è “PNRR quale futuro per l’Italia”? A tutti noi dare la risposta, prendendo coscienza dell’occasione storica ed irripetibile (riordiamoci che i Paesi “frugali” stanno già bussando alla porta con il Patto di Stabilità); lasciamo da parte le divisioni e gli antagonismi, informiamoci e documentiamoci, concentriamoci sul da farsi, scegliendo le persone più competenti e con maggiore esperienza; nella propria storia, spesso l’Italia ha mostrato il meglio nelle occasioni di crisi e di maggior impegno, auspico che ciò avvenga anche questa volta.      

04-08-2023
Autore: Vito Vacca
meridianoitalia.tv

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