“Promuovere programmi formativi e culturali è il modo migliore per avvicinare i popoli. La diplomazia culturale è estremamente efficace

di Pietro Fiocchi

Nelle ultime settimane l’incontro a Verona tra il vicepresidente del Consiglio nonché Ministro degli Esteri Antonio Tajani e il Ministro del Commercio della Repubblica Popolare Cinese, Wang Wentao, entrambi con le relative delegazioni, per i lavori della commissione economica Italia Cina, ha riavviato il dialogo tra i due paesi dopo le vicissitudini legate al memorandum della via della seta.

Oltre agli aspetti imprenditoriali e al notevole giro d’affari attuale e futuro, il dialogo Italia Cina è connotato anche da un forte interesse reciproco nel settore giuridico, come quella cornice fondamentale in cui si pianifica e si sviluppa ogni altra forma di cooperazione.

In questo ambito strategico, il professor Ivan Cardillo, docente universitario di diritto cinese e di sistemi giuridici comparati, presidente dell’Istituto di Diritto Cinese (www.dirittocinese.com), è tra i massimi esperti in Europa. E a lui ci rivolgiamo per qualche approfondimento…

 cardilloProf. Ivan Cardillo

Prof. Cardillo, nella primavera del 2020 il Congresso Nazionale del Popolo ha approvato il Codice Civile, una novità di grande rilevo nel sistema giuridico cinese, a cui hanno dato un contributo importante anche alcuni giuristi italiani.

Ad oggi, l’integrazione formale di principi del diritto civile occidentale con quelli più tradizionalmente cinesi, crede sia stata efficacemente recepita ed apprezzata nella prassi giuridica quotidiana nella Repubblica Popolare?

 

Il codice civile cinese segna un passaggio epocale nell’evoluzione del diritto di questo paese. Questo passaggio epocale non è semplicemente la promulgazione di un codice civile in sé, ma la promulgazione di un codice civile in quanto prodotto di un lungo fenomeno che vede, da un lato, la necessità di modernizzare la cultura giuridica cinese tradizionale, recependo i modelli occidentali, e, dall’altro lato, la necessità di creare un sistema giuridico, una concezione moderna del diritto che sia, al contempo, cinese e non semplicemente una occidentalizzazione.

In questo nuovo paradigma, che a livello politico è definito “modernizzazione in stile cinese”, la Cina prova a definire una concezione del diritto che sia moderna, equiparabile ai sistemi giuridici occidentali, ma anche cinese.

Il carattere cinese si declina in varie forme. La prima riguarda le circostanze concrete del vivere quotidiano e della società, ovvero tutti quegli aspetti della vita quotidiana che vengono toccati dal codice civile. La seconda riguarda la continuità storica con la tradizione.

La continuità storica è un valore fondamentale che ricorre varie volte anche nella costituzione della Repubblica popolare cinese. Come guardare ai valori tradizionali nell’applicazione del diritto è una sfida che l’operatore del diritto affronta nel suo operare quotidiano.

L’anello di congiunzione in questo frangente è proprio l’ideologia socialista, anche questa prodotto dell’Occidente che viene sinizzato dall’esperienza cinese.

Qui i valori centrali del socialismo sono valori fondamentali anche per l’applicazione del diritto e, da un lato, rispecchiano i tratti tipici del socialismo e dall’altro invece cercano fondamento nella tradizione.

Sotto questo aspetto si può dire che la tradizione cinese ispira l’applicazione di modelli giuridici moderni nella vita del diritto.

Altre tracce le troviamo nei valori fondamentali del codice civile, ad esempio la tutela dell’ambiente, la tutela dei minori, la tutela degli anziani, una serie di valori, questi, che sono condivisi anche dalle esperienze giuridiche occidentali. Questo dimostra quanto il dialogo tra culture giuridiche sia possibile.  

In quali altri settori del diritto i suoi colleghi giuristi cinesi avrebbero un particolare interesse nel promuovere un lavoro di armonizzazione tra ordinamenti, quello cinese e in generale quelli occidentali?

 

I giuristi cinesi hanno una particolare metodologia nell’elaborazione della loro legislazione e nella modernizzazione degli istituti presenti. Questa metodologia già elaborata a metà dell’ottocento continua sostanzialmente ad essere utilizzata e riguarda appunto lo studio del diritto occidentale.

Tale studio dell’Occidente è un punto di partenza, è un riferimento, e gli istituti più interessanti vengono importati nel contesto cinese e adattati alle condizioni locali.

Per cui ogni nuovo aspetto del vivere sociale che deve essere regolamentato, viene prima analizzato nella sua esperienza occidentale, le relative regole vengono tradotte, e si innesca poi una riflessione interna sul cosa è possibile imitare, e cosa va invece necessariamente innovato.

Il sistema giuridico cinese si è sviluppato rincorrendo le necessità dell’economia. Sono state adottate singole leggi speciali allo scopo di favorire un determinato aspetto dell’economia. Questo spesso voleva dire adottare leggi per attrarre investimenti, per garantire tutela agli investitori, per agevolare l’innovazione, per tutelare i brevetti ecc.

Il codice civile cinese è invece un esempio di armonizzazione delle varie leggi speciali adottate nei decenni. Questo lavoro di armonizzazione ha avuto come obiettivo quello di riformulare l’esperienza maturata, quindi anche l’attività decisoria di applicazione del diritto, in un corpo di leggi che fosse sistematico, coerente e completo, almeno nei suoi principi generali.

Accanto al codice esistono ancora oggi molte leggi speciali che continuano ad essere applicate, ma almeno ora, grazie al codice, i principi guida sono chiari e unici.

“Guida”, “guidare”, è la parola chiave. Tutto l’ordinamento cinese è “guidato”. In questo senso la Suprema Corte del Popolo guida l’attività di applicazione del diritto grazie ad una serie di strumenti: opinioni, risposte, interpretazioni giudiziali, casi guida, casi modello, ecc.

Armonizzare, prodotto di tale attività guida, è un concetto fondamentale per la cultura giuridica e politica cinese. È uno dei dodici principi centrali del socialismo, richiamati nella costituzione e nel codice civile stesso. 

 

Crede sia utile rafforzare la cooperazione tra università italiane e cinesi in direzione di quel partenariato strategico Italia Cina di cui ha parlato il Ministro degli Esteri Antonio Tajani nella sua ultima visita a Pechino?

Secondo Lei quali potrebbero essere alcuni dei progetti necessari per sviluppare più efficaciemente questo potenziale? 

 

La collaborazione accademica è fondamentale. Le forme che questa può prendere sono svariate: scambi di studenti, percorsi di laurea congiunti, tirocini, scambio di docenti, dottorati congiunti e quant’altro.

La formazione del giurista è un aspetto fondamentale che non va trascurato.

Molti sono gli studiosi cinesi che si sono formati negli Stati Uniti, e questo ha portato ad una forte comparazione con il sistema di common law.

Quanto all’Europa, c’è la scuola cinese dei giuspositivisti, che si è formata in Germania, poi c’è una scuola francese, e anche una scuola italiana.

La scuola italiana è composta da studiosi che hanno ottenuto un dottorato in diritto romano in Italia, e che poi, una volta tornati in Cina, hanno iniziato ad occuparsi di diritto civile, e, di ritorno, guardano anche al diritto italiano contemporaneo.

Questo doppio binario, storico-comparativo, posiziona il sapere giuridico italiano in una zona privilegiata, grazie proprio all’autorevolezza che arriva dalla storia. Questa esperienza viene studiata, assorbita, e adattata al sistema cinese.

Promuovere programmi formativi e culturali è il modo migliore per avvicinare i popoli. La diplomazia culturale è estremamente efficace.

Finanziare programmi di scambio è senz’altro fondamentale anche per tutto il sistema paese. Significa avere figure professionali adatte, competenze linguistiche di alto livello, mediatori culturali.

23-04-2024
Autore: Pietro Fiocchi
Professionista della comunicazione, osservatore della cooperazione internazionale
meridianoitalia.tv

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