Giuseppe Marucci

Un anno fa, il  MIUR, diede le prime indicazioni sulle “attività didattiche a distanza” (DAD).

Esse, tra non poche difficoltà, trovarono terreno fertile in una realtà scolastica messa in ginocchio dal COVID 19.

Gli alunni, gli insegnanti, gli stessi genitori si sentirono coinvolti in una impresa comune, che ai più apparve come nuova anche se nuova non era. Se ne parlava già dagli anni ’70 e ’80, con sperimentazioni rilevanti , anche in Italia , soprattutto dopo i Piani Nazionali Informatici PNI) e i Piani Nazionali Scuola Digitale (PNSD). Molto più diffusa all’estero, in Italia non aveva fatto mai presa, soprattutto per le resistenze delle classe docente.

Questa novità apparente ha portato nella prima fase ad un entusiasmo ed un impegno che gli soggetti istituzionalmente preposti non si aspettavano. Ma pian piano cominciavano ad evidenziarsi due problemi tecnico-didattici, difficilmente risolubili nel breve periodo e un problema di fondo che ne avrebbe minato le stesse radici.

I due problemi tecnici accentuatisi ,al passare del tempo, erano e sono: a) la non sufficiente connessione di rete per tutti e la non sufficiente disponibilità di Devices (computer e periferiche) moderni, soprattutto in certe zone d’Italia e in certe famiglie deprivate; b) la riduzione della Didattica a Distanza (DAD) all’erogazione di pure e semplici lesioni frontali, che sono state sempre combattute dalle correnti innovative della pedagogia e dalla didattica, a livello nazionale e internazionale.

Il MIUR ha cercato di risolvere il primo problema con forti finanziamenti, reperiti attraverso il PSND e i PON (fondi europei), destinati alle scuole, agli studenti e agli insegnanti e attraverso accordi con le società di telecomunicazione per i collegamenti e le tariffazioni Internet. Il  Ministero ha cercato di risolvere il secondo problema mettendo a disposizione risorse didattiche funzionali alla DAD, creando una specifica sezione nel sito WEB del MIUR e firmando una serie di importantissimi accordi con soggetti nazionali molto qualificati, quali la RAI, INDIRE, Case Editrici, Comitati disciplinari (es. STEM In per le Scienze), Software houses, Associazioni ed Enti di formazione. Dando così alla DAD il carattere più efficace di Didattica Digitale Integrata (DDI).

Ma la prova del fuoco è stata la riapertura, ovvero la mancata riapertura delle scuole in autunno 2020, costringendo di nuovo larghe masse di studenti a stare lontani dalle aule scolastiche e a passare lunghe ore davanti al computer. Questo ha fatto esplodere un problema di fondo di cui accennavamo in precedenza e cioè che “ la scuola senza scuola” non ha senso ed anzi alla lunga diventa estremamente dannosa. Manca la dimensione relazionale, essenziale per uno sviluppo organico e armonioso; manca il contatto diretto alunni insegnanti, non sostituibili co potenti ed efficienti macchine.

Da qui le contestazioni in piazza da parte degli studenti e il rifiuto di stare sempre davanti ad un pc.

Già una ricerca di “AlmaDiploma”, in settembre 2020, evidenziava che il 72,1% degli studenti riteneva che la preparazione attraverso le DAD fosse inferiore a quella che avrebbero raggiunto a scuola, in presenza.

Più in generale ha preoccupato il fatto che diverse Regioni stanno rischiando, per loro incapacità organizzativa ( sui trasporti e sui turni e gli orari scaglionati), di svuotare la Scuola di significato specifico e di scardinare la Scuola come luogo privilegiato di apprendimento e sviluppo. Si pensi all’aberrazione “decidano le famiglie se mandare i figli a scuola o fargli fruire la DAD da casa”.

Da qui la netta posizione attuale del MPI di pretendere un ritorno alla Didattica in Presenza, in sicurezza, a tutti i livelli di scolarità, fino al punto di avviare studi e consulenze su come evitare precarietà, stress, effetti psicologici derivanti da una DAD prolungata e invadente. Come rivela anche una indagine dell’Espresso del 10 Gennaio 2021.

Tutto viene confermato anche da una recentissima analisi dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) su dati Istat, in cui si evidenzia la carente diffusione della banda larga che colpisce di più le regioni del sud, dalla Sicilia alla Calabria, dalla Basilicata al Molise fino alla Puglia.

Uecoop, tra l’altro, ricorda che il diritto all’istruzione oltre a essere costituzionalmente tutelato è anche il presupposto per la costruzione del futuro delle nuove generazioni e del Paese.   

Ancora si rileva che la Didattica a distanza è sempre più difficile in una famiglia su 4 (25,3%) che in Italia non dispone di un accesso Internet a banda larga in grado di supportare senza problemi massicci flussi di dati e i collegamenti audio video necessari alle lezioni telematiche.

Insomma appare chiaro che la concorrenza Stato Regioni , nell’Educazione e non solo, è deleteria e va assolutamente rimossa in  modo netto. L’Educazione dei nostri figli dalla Scuola dell’Infanzia alla Scuola secondaria superiore deve essere ricondotta ad un soggetto unico (il MPI e le sue diramazioni), che formi gli italiani, in un conteso europeo.

19-01-2021
Autore: Giuseppe Marucci
Ispettore Tecnico MPI
meridianoitalia.tv

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