Grandi Donne: scienziate che hanno fatto la storia.
di Sonia R. Marino
“Non era appropriato per le donne mostrare il proprio corpo a un uomo e, quindi, non potevano accedere alle cure mediche. Lei si prese cura di più di 3.000 donne e uomini nei primi 10 mesi di lavoro.”
Kim Jeom-dong, anche conosciuta come Esther Park, è stata la prima dottoressa coreana.
Nasce tra il 1876 e il 1877 a Seoul, in una famiglia di convertiti al protestantesimo, economicamente modesti ma di idee progressiste. Nella Corea di fine ‘800 la religione cristiana diffusa dalle missioni è anche la religione del progresso, della tecnologia e della modernità, e i genitori decidono che la figlia studierà.
Kim Jeom-dong, studia, impara l’inglese, e diventa interprete per una dottoressa missionaria, Rosetta Sherwood Hall. Questa esperienza la porta ad appassionarsi alla medicina occidentale.
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di Sonia R. Marino
Da bambina rimanevo sempre incantata dalla toponomastica della mia città, alcuni nomi erano così oscuri, indubbiamente affascinanti ma tanto strani: via Abella Salernitana, via Trotula de Ruggiero, il ponte re riavule ossia il ponte dei diavoli, in realtà gli archi di un acquedotto longobardo.
Crebbi e scoprii, sia chi erano le donne dagli insoliti appellativi, sia cosa le legava a quel ponte.
Erano le Mulieres Salernitanae, le mediche della Scuola Medica salernitana, fondata nel IX secolo e che nel periodo di maggiore importanza, tra l’XI e il XIV secolo, annoverava tra i suoi membri molte donne, e per tutta Europa risuonò la eco della bravura di alcune di loro.
Cosa le univa a quel sinistro acquedotto? Nel pieno del Medioevo quattro uomini sapienti - l’arabo Adela, l’ebreo Elino, il greco Ponto e il latino Salerno - in una notte burrascosa trovarono riparo sotto gli archi dell’acquedotto; cosa che mi lasciava alquanto perplessa, la sezione dell’acquedotto è piuttosto sottile e gli archi abbastanza alti da non offrire un buon riparo, d’altronde è pur sempre una leggenda e qualche incongruenza ci può stare.
Continuiamo il nostro racconto… i quattro sapienti iniziarono a discorrere e a confrontare le rispettive conoscenze mediche, sembra che fossero feriti e si curarono l’un l’altro.
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Estratti del discorso del Presidente del Parlamento europeo nella Giornata internazionale della commemorazione dell'Olocausto
“Questo giornata ci ricorda che 76 anni fa si aprirono i cancelli di Auschwitz-Birkenau, rivelando l’orrore del genocidio nazista”. “Quello che è successo in quel campo di concentramento e in tutte le altre fabbriche della morte disseminate nello spazio europeo, ci chiama alla responsabilità e ci impone l’obbligo di vigilare e di tenere viva la memoria. Come ha scritto Primo Levi, «se comprendere è impossibile, conoscere è necessario»”.
“Fare memoria è quindi un dovere perché quanto è successo non possa accadere di nuovo perché ci pone ogni volta di fronte al lato più oscuro dell’umanità, alla perdita totale del sentimento più elementare della pietà”.
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di Luigi Giorgi
Nell’anno in cui il Partito comunista italiano celebra i cento anni della nascita, la sua storia perde uno degli esponenti più importanti come era Emanuele Macaluso. Che dirigente di quel partito è stato per tanti anni, partendo dalla Sicilia, dalle lotte del lavoro fatte con la Cgil, per arrivare a dirigere il quotidiano di Partito “l’Unità”. Che lo stesso Macaluso ha definito l’esperienza più ricca e gratificante fatta: «Fu l’occasione per dare uno sbocco a una mia personale tendenza al lavoro giornalistico, e mi diede la possibilità di conoscere un mondo diverso da quello che avevo frequentato» (Macaluso, 50 anni nel Pci, Soveria Mannelli 2003, p. 225).
In questa fase di ricostruzione storica e politica delle vicende, particolari, eterodosse e ortodosse allo stesso tempo, del comunismo italiano, mancherà ancor di più la sua voce e la sua visione, per certi versi lontana da eccessive ricostruzioni agiografiche delle vicende del Pci. Ma allo stesso tempo, con i piedi ben piantati nella tradizione, e nella storia, del partito comunista più grande dell’occidente.
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